Fuoco a Gradisca, evasione a Corelli

Quella appena trascorsa è stata un’altra notte di rivolte, incendi ed evasioni nei Cie italiani. Dopo il “Serraino Vulpitta” di Trapani e corso Brunelleschi a Torino, è toccato ora a Gradisca d’Isonzo e a via Corelli a Milano.

A Gradisca d’Isonzo tutto comincia, ancora una volta, con un tentativo di espulsione di alcuni tunisini. Per resistere, i reclusi dell’area rossa salgono sui tetti delle celle, e la polizia ha risposto con un fitto lancio di lacrimogeni. In solidarietà con i loro compagni, i reclusi dell’area blu trascinano i materassi in cortile e li incendiano. Ancora una volta, la polizia risponde con altri lacrimogeni. Un recluso viene colpito da un candelotto e cade nel fuoco ustionandosi al volto. Le condizioni del ferito sono talmente gravi che i suoi compagni temono che sia morto, ma al momento non si hanno notizie certe. Altri due reclusi vengono portati in infermeria, e pare che non riescano più a muoversi. La rivolta continua per tutta la notte, e la calma ritorna soltanto all’alba del giorno dopo.

Durante la rivolta, un recluso ha chiamato spontaneamente Radio Blackout, di cui è una vecchia conoscenza. Ascolta il suo racconto
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Aggiornamenti 18 luglio

Ore 12. Il recluso ustionato non è ancora ritornato dall’ospedale. I suoi compagni, chiusi a chiave nelle celle e guardati a vista dalla polizia, chiedono di sapere sue notizie. Di lui sappiamo solo il nome, Miloud Shabouti, e che è probabilmente ricoverato in un ospedale della zona. Altri due reclusi sono feriti gravemente, per atti di autolesionismo e per i pestaggi, ma la polizia rifiuta loro ogni cura medica. Mohammed Sarhan si è tagliato il braccio, e un altro recluso la gola.

Ore 20.  Il recluso ustionato è stato dimesso dall’ospedale ed è stato riportato nel centro: sta molto male, e ha il volto completamente bendato. Almeno due sezioni del centro sono fortemente danneggiate, e portano ancora i segni della rivolta della notte appena passata: sono sporche e inagibili, ma non sono state svuotate. I reclusi sono ancora chiusi a chiave nelle loro gabbie, e oggi per protesta hanno rifiutato il pasto.

A Milano, invece, la rivolta comincia con un’assemblea in cortile, per discutere delle notizie che arrivano da Gradisca. Due reclusi colgono l’occasione per tentare la fuga, ma vengono immediatamente catturati. Per rappresaglia la polizia ricaccia tutti nelle baracche, ma i reclusi si ribellano danneggiando i distributori automatici di bevande e gli oblò delle porte. La polizia attacca in forze i rivoltosi, e picchia con violenza. Due reclusi sono così malconci che vengono portati in ospedale (rispettivamente al san Raffaele e al Policlinico). Anche sei poliziotti e un militare sono costretti a fare ricorso a cure mediche. Durante gli scontri diversi reclusi riescono a uscire e prendersi il tetto, danneggiando il sistema di allarme e due telecamere di sorveglianza. Nella confusione in una decina tentano nuovamente di fuggire, e la polizia riesce a catturarne solo 7, mentre gli altri 3 riescono a far perdere le loro tracce.

Aggiornamento  18 luglio. I sette reclusi catturati ieri sono stati denunciati per resistenza, lesioni e danneggiamento. Ma da dentro fanno sapere che la mobilitazione continua, perché questa storia non finisce certo qui.

(Ancora una volta, gli scarni e imprecisi lanci di agenzia ipotizzano una “regia” unica dietro queste rivolte. In effetti, pare proprio che questo ciclo di rivolte sia partito dall’ormai noto “telegramma urgentissimo” con cui il Ministro dell’Interno Maroni annunciava l’avvio di “rimpatri di massa” di reclusi provenienti dalla Tunisia e dall’Algeria, dopo il rinnovo degli accordi con i governi dei due paesi. Se le cose stanno così, date un’occhiata a questo comunicato stampa del Ministero, datato 17 luglio. Potrebbe fornire qualche indicazione utile sull’apertura di un altro fronte.

«Nella serata di ieri sono stati rimpatriati, con due voli charter partiti dallo scalo aereo di Catania e diretti a Il Cairo, 65 cittadini egiziani maggiorenni, sbarcati clandestinamente sulle coste siciliane giovedì 15 luglio. Il rimpatrio dei 65 egiziani, avvenuto solo dopo un giorno dal loro arrivo in Italia, è frutto della collaborazione instaurata con le Autorità egiziane, rafforzata a seguito dell’incontro dello scorso 5 maggio a Il Cairo tra i ministri dell’interno Roberto Maroni e Habib El Adly. Il rimpatrio di ieri segue quello di altri 18 egiziani, giunti clandestinamente sulle coste siciliane lo scorso 25 giugno e subito rinviati in Egitto il 26 giugno. Nel corso di questa settimana sono stati altresì rimpatriati, con diversi voli aerei, ulteriori 49 extracomunitari clandestini, soprattutto tunisini, marocchini e algerini, rintracciati sul territorio nazionale.»)

Leggimi in lingua francese.

Gradisca d’Isonzo et Milan (Italie) : encore des révoltes et évasions dans les centres de rétention

Après l’évasion massive du centre de rétention “Serraino Vulpitta” à Trapani et la révolte dans le centre corso Brunelleschi à Turin le 14 juillet, c’est au tour de ceux de Gradisca d’Isonzo et de Milan.

 

A Gradisca d’Isonzo, tout a commencé, encore une fois, avec la tentative d’expulsion de quelques tunisiens. Pour résister, les retenus de la section rouge grimpent sur les toits des cellules, et la police réplique par de pesants jets de lacrymogènes. En solidarité avec leurs camarades, les retenus de la section bleue traînent alors les matelas dans la cour et y mettent le feu. Là aussi, ils sont aspergés de lacrymos.
Un retenu est touché par une grenade et chute dans le feu, se blessant au visage. Les conditions du blessé sont si graves que ses camarades craignent qu’il soit mort. Deux autres retenus sont amenés à l’infirmerie, et il semble qu’il ne puissent plus bouger. La révolte a continué toute la nuit, et le calme n’est revenu qu’à l’aube du lendemain.

 

Mise à jour, 18 juillet : Le retenu blessé n’est pas encore rentré de l’hôpital. Ses camarades, enfermés à clé dans les cellules et gardés à vue par les flics demandent à avoir de ses nouvelles. Nous ne savons que son nom, Miloud Shabouti, et qu’il est certainement hospitalisé dans le coin. Deux autres retenus sont gravement blessés, suite à une automutilation et aux tabassages, mais la police leur refuse tout soin médical.

 

A Milan, au centre de via Corelli, en revanche, la révolte a commencé par une assemblée dans la cour, pour discuter de ce qui était en train de se passer à Gradisca. Deux retenus profitent de l’occasion pour tenter l’évasion, mais sont immédiatement repris. En représailles, la police les chasse tous en direction des bâtiments, mais les retenus se rebellent, détruisant les distributeurs automatiques de boissons et les hublots des portes.
La police attaque en force les révoltés, et tabasse fort. Deux retenus si mal en point qu’ils sont envoyés à l’hôpital (à san Raffaele et au Policlinico). Mais de leur côté, six flics et un militaire doivent aussi recevoir des soins. Lors des affrontements, plusieurs retenus réussissent à prendre le toit, détruisant le système d’alarme et deux caméras de vidéosurveillance. Profitant aussi du bordel, une dizaine de retenus tentent une nouvelle fois la belle, et la police n’en rattrape que sept, trois sont donc désormais dans la nature.

 

Mise à jour (suite) : Les sept retenus capturés hier ont été mis en examen pour “rébellion”, “coups et blessures” et “dégradations” [resistenza, lesioni et danneggiamento]. De l’intérieur, les retenus nous font savoir que la mobilisation continue, parce que cette histoire ne finira certainement pas comme cela.

 

(Encore une fois, les dépêches des agences de presse mettent en avant une “direction” unique derrière ces révoltes. Il semble plutôt que ce cycle de révoltes soit parti du désormais “télégramme urgent” par lequel le ministre de l’Intérieur Maroni annonçait le début de “rapatriements de masse” de retenus en provenance de Tunisie et d’Algérie, suite au renouvellement d’accords avec ces deux pays.)

Message de la veille : Après avoir nié toute la journée, le Préfet de Trapani le reconnaît finalement : des retenus du centre de rétention se sont bien évadés le 14 juillet, dépassant les flics et driblant les troupes lancées à leur chasse toute la nuit. Le nombre exact est encore vague : le Préfet dit une quinzaine, les voix que nous avons recueillies, nous, disent quarante. On vérifiera si on peut, mais la chose importante à dire est qu’il a suffit d’un télégramme de Maroni pour envoyer en fumée toute une section du centre de Turin, et à redimensionner nettement la quantité de prisonniers enfermés à Trapani…

(dal sito Cettesemaine)