Carte scoperte
«Ai primi segnali di tensione partiranno i blitz nelle camerate: un pronto intervento che dovrebbe servire a scongiurare disordini o tentativi di fuga. È quanto scaturito dal vertice urgente convocato in Prefettura a Gorizia dopo la fuga di Ferragosto di 25 clandestini dal Cie di Gradisca. […]»
«Un operatore dell’ente gestore del Cie di Gradisca è stato denunciato per favoreggiamento nel corso della rivolta scoppiata in via Udine a ferragosto. […] A denunciare il dipendente dell’ente gestore dei servizi interni (il consorzio cooperativistico trapanese “Connecting People”) del Centro di identificazione ed espulsione di via Udine è stata la Polizia, a seguito delle indagini avviate per ricostruire la dinamica della rivolta che aveva portato all’ennesima fuga di massa dalla struttura isontina, conclusasi con il ferimento di un immigrato e contusioni per due militari impegnati nelle operazioni di contenimento. La denuncia è scattata una volta visionate le immagini delle telecamere interne del Cie, in base alle quali sarebbe emerso un tardivo intervento dell’operatore nel chiudere il cancello d’ingresso del campetto di calcio. Mancanza che ha consentito a una quarantina di immigrati di riversarsi nell’area e, da lì, raggiungere la recinzione esterna.»
(Messo alle strette da fughe e rivolte continue, il Prefetto di Gorizia ha deciso di giocare a carte scoperte, ordinando la repressione preventiva di ogni movimento interno al Centro: sappiamo bene cosa voglia dire un “blitz” della polizia, o dell’esercito, nelle camerate di un Cie. E guai, poi, se chi lavora nel Centro – dal traduttore, all’operatore sociale, all’infermiere… – non si comporta apertamente e fino in fondo da secondino in borghese, disposto a correr dietro agli evasi e a tappare le falle della vigilanza: non ci sono più scuse, in tutti i sensi.)
Dal Piccolo del 19/08/10
Gradisca, Centro immigrati blindato. E i dipendenti temono per il futuro
di STEFANO BIZZI GRADISCA «No comment». «Non possiamo parlare, ordini della Prefettura». Alle 7, alle 15 e alle 23 di ogni giorno della settimana c’è il cambio del turno. È l’unica occasione per avvicinare gli operatori che lavorano all’interno del Centro di identificazione ed espulsione di Gradisca d’Isonzo e farsi raccontare quanto accade all’interno del Cie. Dalla struttura di via Udine scappano però solo gli immigrati. Gli operatori dell’ente gestore non si lasciano sfuggire neppure una parola. Non possono: l’ordine è quello di non parlare. Soprattutto con i giornalisti. Quello che succede all’interno dell’ex caserma ”Ugo Polonio”, deve rimanere all’interno. Entrare per verificare la situazione dopo la fuga di Ferragosto è impossibile. L’ultima nostra visita risale allo scorso 22 dicembre, ma la richiesta alla Prefettura era stata presentata a settembre: subito dopo l’aggressione subita da due operatori. Il portoncino d’accesso in acciaio è azionato dal corpo di guardia che dalle telecamere di sorveglianza controlla ciò che succede sul piazzale esterno. Alle 15.15 arriva il vicedirettore Vittorio Isoldi. È come sempre cortese, ma come sempre è anche risoluto nella sua posizione. «Non posso rilasciare dichiarazioni, mi dispiace», dice prima di scomparire all’interno del Cie. Se il numero due non parla, magari lo fa il numero uno. Proviamo a chiedere un appuntamento con il direttore Luigi Del Ciello. Magari all’esterno dato che pensare di mettere il naso oltre al muro di cinta è utopia. Ci avviciniamo al citofono. Prima ancora di premere il pulsante, il portone si apre automaticamente. La sorpresa è grande. Dura però un solo istante. Al primo passo in avanti si richiude. Evidentemente si stava spalancando non per fare entrare noi, quanto per fare uscire gli operatori smontanti o gli ospiti del Cara (in attesa che la loro domanda venga esaminata dalla locale Commissione territoriale , i richiedenti asilo possono andare e venire a proprio piacimento). Appena gli agenti in servizio si accorgono dalle telecamere che stiamo per violare la soglia, la porta si richiude. Ci riproviamo. Suoniamo, ma non risponde nessuno. All’interno sanno benissimo chi siamo e cosa vogliamo e sanno altrettanto bene che non possono soddisfare le nostre richieste. Per evitare di dover dare spiegazioni, decidono di non giocare neppure la partita. Se gli operatori non parlano di quello che succede all’interno, difendono però in modo compatto il collega algerino denunciato dalla Questura per aver favorito la sommossa e la fuga. «Ho visto il video – assicura uno dei lavoratori con la maglietta arancione -. Lui non c’entra nulla. Loro erano organizzati militarmente. Lo hanno distratto tenendolo occupato e hanno agito dall’altra parte. Ha fatto quello che facciamo tutti. È capitato a lui, ma al suo posto avrebbe potuto esserci chiunque. Siamo tutti con lui». «Noi non abbiamo compiti di polizia – ribatte un altro dipendente di Connecting People -, di fronte a questi episodi noi possiamo solo allargare le braccia. Non dimentichiamo che sono persone che si trovano qui per aver commesso un reato, sia solo quello di immigrazione clandestina». «Non dimenticate – aggiunge un terzo – che quando scappano urlano: ”Se ti avvicini ti ammazzo”». Intanto sulle prese di posizioni politiche legate alle richieste di chiusura c’è un dipendente che ricorda: «Non siamo poliziotti: se chiude il Centro non verremo trasferiti ma andremmo a casa con i nostri mutui e con i nostri problemi. L’etica è una altra cosa: Connecting Pepole la sta affrontando con in testa la Persona, non l’Avanzo di galera, che spesso è un disgraziato di 20-25 anni. I Cie ci sono, bisogna gestirli. La cittadinanza di Gradisca non è stata mai in pericolo: anzi. L’indotto gradiscano esibisca le fatture emesse a Connecting People e il Comune dica a quanto ammonta lo stipendio degli impiegati extracomunitari ospiti. Vi assicuro che è un businness e molto redditizio».
Dal Messaggero veneto del 19/08/10
Cie, lavori per 100 mila euro
GRADISCA. I lavori di consolidamento e ripristino dell’efficienza delle parti strutturali interne danneggiate nel corso dei disordini precedenti alla rivolta di ferragosto, annunciati martedì al termine del vertice sulla sicurezza svoltosi in prefettura a Gorizia, rappresentano solo un primo capitolato d’intervento per il Cie di via Udine. A confermarlo è stato l’ufficio di gabinetto della stessa Prefettura isontina, ricordando come i lavori più corposi devono ancora ottenere il via libera dal Viminale. «Nell’immediato si provvederà alla sostituzione dei lucchetti forzati, a rimettere a posto le grate forzate, le sbarre che sono state rimosse dalle porte e a rimpiazzare le vetrate antisfondamento ormai compromesse. Si tratta, in definitiva, di lavori di ripristino in efficienza delle strutture essenziali. Un intervento più corposo, comprensivo del ripristino dei cosiddetti “offendicula” (gli spuntoni ricurvi posizionati in cima alle recinzioni e rimossi nel 2007, ndr ), della sistemazione degli impianti di rilevamento a infrarossi e delle telecamere, invece, rientrano in un secondo capitolato, ovviamente più costoso. Il preventivo si aggira, in questo caso, sui 100 mila euro, ma deve essere ancora finanziato dal ministero dell’Interno, nonostante da tempo (da fine 2008, ndr ) ne sia stata accertata la necessità». Ritardi recentemente finiti nel mirino dei sindacti di Polizia, che a più riprese avevano denunciato come il Cie di Gradisca operi ormai in condizioni di «assoluta inefficienza strutturale, il complesso è ormai un colabrodo». (ma.ce.)
Dal Piccolo del 18/08/10
Dalla massima sicurezza a struttura colabrodo
GRADISCA Da carcere di massima sicurezza per clandestini a prigione-low cost da cui evadere è diventato uno scherzo. E l’incredibile metamorfosi del Cie di Gradisca, struttura inaugurata nel 2006 e costata 17 milioni di euro. Appena 4 anni dopo, la credibilità del centro vacilla in maniera evidente. Sessanta evasioni riuscite in neanche tre mesi, almeno sei rivolte pesantissime, tensioni interne, operatori minacciati, continui episodi di autolesionismo, incendi, isolati casi di droga fornita agli immigrati dall’esterno. E danni stimati – dall’apertura a oggi – per almeno un milione di euro, tanto che la capienza è stata ridotta ben al di sotto di quella ufficiale (240 posti). IL SINDACO «Non ci facciamo alcuna illusione, ma continuiamo a dire che quel centro per noi non andava aperto e oggi andrebbe chiuso» commenta il sindaco di Gradisca, Franco Tommasini, irritato e preoccupato per la ricaduta negativa su un piccolo centro come quello isontino. «La cittadinanza sta vivendo questa escalation di tensione con grande maturità ma anche con apprensione – dice – ma per quanto la vicinanza di Stato, Regione, Prefettura e Questura sia stata sinora costante, dico alle autorità che adesso devono starci ancora più vicine. Ma concretamente, con interventi corposi sia fuori che dentro il Cie. Lo devono sia alla nostra cittadina, che sta pagando un prezzo altissimo per una decisione totalmente calata dall’alto e che ha visto da sempre tutti contrari, sia a operatori e forze dell’ordine che lavorano in condizioni molto difficili». ESASPERATI Sul caso-Cie anche i sindacati di polizia infatti fanno quadrato: il centro immigrati va chiuso o quantomeno rimesso in sicurezza al più presto. Continue le denunce del Sap, giunte con l segretario provinciale Angelo Obit, è arrivata anche la decisa presa di posizione del Siulp con il referente territoriale Giovanni Sammito: «L’escalation di tentativi di fuga è preoccupante e con essa aumentano anche episodi di autolesionismo fra gli immigrati». E anche gli operatori hanno paura. Luigi Murciano
Clandestini, caccia aperta ancora per sei
di STEFANO BIZZI GRADISCA Sono ancora sei i clandestini irreperibili dopo la maxi-fuga di Ferragosto dal Cie di Gradisca d’Isonzo. A scavalcare il secondo muro di cinta dell’ex caserma ”Ugo Polonio” erano stati 25 immigrati: 8 erano stati subito fermati dagli agenti di guardia, altri 6 erano stati intercettati la mattina seguente dalle auto pattuglie e gli ultimi 5 erano stati rintracciati la stessa sera di lunedì nel Monfalconese. VERTICE Ieri mattina in Prefettura a Gorizia si è tenuta una riunione tecnica urgente alla quale hanno partecipato i rappresentanti istituzionali del Governo, quelli delle forze dell’ordine coinvolte nella sorveglianza e i vertici dell’ente gestore del centro d’identificazione ed espulsione isontino Connecting People. Nel corso del vertice è stato posto l’accento sul fatto che a breve saranno terminati i lavori di consolidamento e di ripristino , già autorizzati e finanziati dal Ministero dell’Interno, «per la messa in efficienza delle parti strutturali interne del centro che erano state danneggiate o asportate nel corso di precedenti tentativi di fuga». Tali lavori dovrebbero garantire «più adeguati standard di sicurezza». VIGILANZA Le forze di polizia, l’esercito e gli operatori sono stati invitati a collaborare in modo più efficace per garantire la prevenzione. Per questo ai primi segnali di tensione partiranno i blitz nelle camerate. Un pronto intervento che servirà a scongiurare ulteriori disordini o tentativi di fuga. «Il clima teso all’interno del Cie – spiega il viceprefetto vicario Gloria Allegretto – non dipende da attriti con le forze dell’ordine . Dipende da altro: dipende dal fatto che l’unico pensiero degli ospiti è quello di fuggire ». RETE È sempre più probabile che dietro alle fughe congiunte di Brindisi, Gradisca e Milano ci sia una regia unica. Secondo il Corriere della Sera la regia comune non sarebbe neppure così occulta come si è detto. Il sistema sarebbe ben radicato e le informazioni sarebbero «gestite» dall’esterno dai gruppi anarchici e no-global. REAZIONI «Fosse solo il Cie di Gradisca d’Isonzo a creare problemi, potremmo cercare di studiare dei sistemi per migliorarlo copiandoli dalle altre strutture del Paese – spiega l’assessore regionale alla Sicurezza Federica Seganti -. È evidente però che ad essere inadeguato alle esigenze di oggi è il sistema complessivo e va ripensato. Dobbiamo rivedere l’approccio perché i Cie non sono adeguati a contenere attività organizzate dall’esterno». «Le evasioni dai Cie avvenute in questi giorni, confermano che le nostre preoccupazioni per i tagli del Governo alle forze dell’ordine erano fondate», afferma invece il deputato Angelo Compagnon, coordinatore regionale dell’Udc del Friuli Venezia Giulia. «Da mesi – ricorda Compagnon – chiediamo un adeguamento sostanzioso di risorse umane e di mezzi per garantire davvero la sicurezza dei cittadini. Ci auguriamo che quanto avvenuto nel giro di 48 ore in più parti del Paese, con un tempismo e una concomitanza peraltro alquanto sospetti, induca l’Esecutivo a provvedere con misure urgenti». «La sproporzione tra il numero di agenti chiamati a vigilare nei Centri e quello degli immigrati ospiti di queste strutture – conclude Compagnon – era sotto gli occhi di tutti già da tempo. Per queste ragioni presenterò un’interpellanza urgente ai ministri dell’Interno e dell’Economia, rispettivamente per quanto riguarda la sicurezza e le risorse necessarie alle forze dell’ordine».
Dal Messaggero Veneto del 18/08/10
Rivolta al Cie, denunciato un operatore
GRADISCA. Un operatore dell’ente gestore del Cie di Gradisca è stato denunciato per favoreggiamento nel corso della rivolta scoppiata in via Udine a ferragosto. La notizia, confermata dalla Questura di Gorizia, è arrivata nel corso di un vertice straordinario svoltosi ieri mattina in Prefettura e convocato per fare il punto sui lavori di messa in sicurezza che a breve saranno terminati nella struttura. A denunciare il dipendente dell’ente gestore dei servizi interni (il consorzio cooperativistico trapanese “Connecting People”) del Centro di identificazione ed espulsione di via Udine è stata la Polizia, a seguito delle indagini avviate per ricostruire la dinamica della rivolta che aveva portato all’ennesima fuga di massa dalla struttura isontina, conclusasi con il ferimento di un immigrato e contusioni per due militari impegnati nelle operazioni di contenimento. La denuncia è scattata una volta visionate le immagini delle telecamere interne del Cie, in base alle quali sarebbe emerso un tardivo intervento dell’operatore nel chiudere il cancello d’ingresso del campetto di calcio. mancanza che ha consentito a una quarantina di immigrati di riversarsi nell’area e, da lì, raggiungere la recinzione esterna. Lunedì sera, intanto, 5 degli 11 fuggiaschi (tutti tunisini) sono stati intercettati dai carabinieri di Monfalcone nelle vicinanze dell’abitato di Pieris e, una volta identificati, riportati nel Cie gradiscano. Ancora in corso, invece, le ricerche degli ultimi 6 fuggiaschi. A seguito dei nuovi disordini nella struttura isontina, ieri mattina è stato convocato in Prefettura a Gorizia un summit alla presenza dei vertici della stessa, della Questura, dei comandi provinciali di Carabinieri e Guardia di Finanza, dell’Esercito preposto alla vigilanza esterna del Cie e del consorzio “Connecting People”. «Una riunione tecnica di coordinamento – si legge nella nota diramata dalla Prefettura goriziana – dove è stato posto l’accento sul fatto che a breve saranno terminati i lavori già autorizzati e finanziati dal Ministero dell’Interno di consolidamento e ripristino per la messa in efficienza delle parti strutturali interne al Centro che erano state danneggiate o asportate nel corso di precedenti tentativi di fuga. Tali lavori assicureranno più adeguati standard di sicurezza all’interno del Cie». Nel corso della riunione è stata ulteriormente ribadita la massima collaborazione tra le forze di Polizia, gli appartenenti alle forze armate e gli operatori dell’ente gestore, al fine di garantire tutta la possibile attività preventiva. A questi ultimi è stata raccomandata la più efficace vigilanza all’interno delle camerate e l’attenzione per la percezione anche dei minimi segnali di tensione, anomalie o segnali premonitori, in modo da poter allertare con immediatezza le forze dell’ordine per un pronto intervento atto a scongiurare disordini e ulteriori tentativi di fuga». (ma.ce.)
«Gradisca non può continuare a pagare per tutti»
Il sindaco GRADISCA. «Ringraziamo Stato e Regione per quanto finora hanno fatto per la nostra comunità, mostrando sempre grande sensibilità nei confronti delle nostre problematiche, ma a loro chiediamo ulteriori sforzi, perchè Gradisca è pesantemente danneggiata, nella sua stessa identità, dalla presenza del Cie». Alla luce dei nuovi disordini al Centro di identificazione ed espulsione di via Udine, tornato agli onori della cronaca nazionale dopo la rivolta di Ferragosto, è il sindaco Franco Tommasini ad alzare la voce lanciando una richiesta di aiuto a Stato e Regione e parlando apertamente di una Gradisca «che sta pagando per tutti. L’unico Cie del Triveneto lo ospitiamo noi, una cittadina di nemmeno 7 mila anime, un peso rivelatosi da subito insostenibile. Sarebbe oltremodo riduttivo, e poco obiettivo, considerare la preoccupante sistematicità con cui i disordini si susseguono nella struttura come un semplice danno all’immagine di Gradisca. Siamo una cittadina che ha sempre vissuto sul turismo e sul commercio e questa pubblicità, estremamente negativa, che ci sta facendo il Cie di via Udine sta pesantemente intaccando la nostra economia, oltre che la nostra quotidianità. É un dato che non può più essere ignorato: Gradisca non può continuare a pagare, sulla propria pelle, per tutti. Per questo chiediamo a Stato e Regione ulteriori aiuti, non credo sia presuntuoso affermare che Gradisca, per quello che sta vivendo, vanta un credito nei confronti di tali istituzioni». Un credito, nessuna compensazione. Lo ribadisce con forza il primo cittadino gradiscano, il cui pensiero va immediatamente ai suoi concittadini. «Li invito a stare tranquilli, la situazione al Cie è sotto costante monitoraggio e siamo sistematicamente in contatto con Prefettura e Questura, che si sono sempre mostrate sensibili nei nostri confronti e alle quali non abbiamo mai smesso di denunciare le nostre preoccupazioni e – inutile negarlo – frustrazioni per quanto sta accadendo. Come amministratori, tuttavia, ci sentiamo ancora una volta in dovere di elogiare pubblicamente i nostri concittadini per la serietà, la serenità e la civiltà con cui stanno affrontando, quotidianamente, queste problematiche, di non facile soluzione. Era facile prevedere che saremmo arrivati a questo punto, lo si sapeva benissimo già cinque anni fa ma questo non ci impedisce di chiedere ancora a gran voce la chiusura del centro di via Udine: non abbiamo cambiato opinione, anche se sappiamo che resta estremamente difficile veder soddisfatta la nostra richiesta. Riteniamo sia doveroso, in ogni caso, che la struttura venga quantomeno messa in sicurezza, che si ponga fine a questa situazione insostenibile, anche se restiamo convinti che il vero problema sia a monte, non può essere risolto una volta che gli immigrati sono arrivati qui». (ma.ce.)