Sinceri democratici

denti

Si è chiuso questa mattina il primo grado del processo contro Bilal e – lo si poteva immaginare – si è chiuso con una condanna. Anzi, con due condanne, perché gli imputati come sapete sono due: Bilal, accusato di aver spaccato un dente ad un poliziotto con un cazzotto, e Abdel Alì, accusato invece di aver fatto resistenza e di aver tirato delle bottigliette d’acqua alle forze dell’ordine intervenute dentro una delle gabbie del Cie durante la protesta del 17 di agosto scorso. Bilal, che è ancora alle Vallette, si è preso sei mesi mentre Abdel Alì, che intanto è stato “scarcerato” e quindi riportato al Cie e quindi deportato, se ne è presi quattro. Condanne più o meno scontate, nonostante tutte le contraddizioni emerse durante le udienze: verbali lacunosi, testimonianze confuse e contraddittorie (con poliziotti che scambiano gli imputati e non si ricordano chi è chi e chi fa cosa), registrazioni di telecamere che scompaiono nel nulla per colpa di “strane” negligenze e via dicendo. Roba da far urlare allo scandalo, e pure forte, qualsiasi “sincero democratico” di passaggio. Ma i “sinceri democratici” nell’Italia di questi tempi sono morti quasi tutti, e i giudici lo sanno.

Due certezze, allora. La prima è che “colpevole” o “innocente” che sia, uscito dalle Vallette Bilal  ritornerà nel Cie (e forse succederà nei prossimi giorni, visto che il giudice sembrerebbe propenso a commutare la carcerazione preventiva in un obbligo di firma) e di lì in poi rischierà ogni giorno di essere deportato: e questo sarebbe successo anche se fosse stato assolto. La seconda è che dall’agosto scorso c’è al Cie un certo agente Cau con un dente in meno, e non saremo certo noi a lagnarcene.