Fuga da Milano
In queste giornate di freddo e gelo, qualcosa succede all’interno del Cie di via Corelli a Milano. Questa notte un gruppo di dieci reclusi ha provato ad evadere. Sei sono stati riacciuffati, ma in quattro sono riusciti a riconquistare la libertà. Per rappresaglia, questa mattina la polizia ha effettuato diverse perquisizioni, sequestrando gli effetti personali, coperte e acqua. Ma, a quanto raccontano i reclusi stessi, questa vendetta non ha tolto loro la gioia di sapere che i loro compagni ce l’hanno fatta.
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In undici hanno segato le sbarre con piccole lame, hanno raggiunto il cortile del Centro di identificazione ed espulsione di via Corelli e poi si sono arrampicati sul muro di cinta servendosi di lenzuola legate a formare una corda. Due sono stati fermati dai militari che avevano notato i movimenti del gruppo dai monitor del servizio di sicurezza, cinque sono rimasti all’interno del Cie, quattro sono riusciti a scappare.
L’ennesimo tentativo di fuga dal Centro di via Corelli — per il freddo ma anche per i lunghi tempi di detenzione, fino a sei mesi — si consuma alle 5 di domenica mattina, quando le guardie si accorgono dei movimenti nel reparto C. Nei monitor una decina di ospiti della struttura sta tentando di segare le sbarre di ferro e forzare le uscite. Scatta subito l’allarme, un algerino di vent’anni viene bloccato subito insieme a un palestinese. Altri cinque rientrano. Ma mentre le forze dell’ordine arrivano all’interno dei reparti per sedare la rivolta, in quattro riescono a fuggire: sono un algerino, un tunisino, un palestinese e un marocchino, tutti di età compresa tra i 18 e i 25 anni.
Una evasione a una settimana esatta dall’ultimo tentativo, quando extracomunitari e agenti erano rimasti feriti nei disordini in tre settori riservati normalmente ai nordafricani. La settimana scorsa il gruppo di ospiti aveva cercato di raggiungere il tetto della struttura per scappare, ma tutti erano stati bloccati. Preclusa la fuga, i nordafricani avevano divelto termosifoni, porte, lanciato sedie e tavoli, tanto da rendere i reparti inagibili.
Ieri erano sessanta gli ospiti del Centro, che sempre più spesso aspettano la tarda notte per tentare di evadere, approfittando del fatto che i sensori sui tetti collegati agli allarmi, che avvisano le forze dell’ordine di presenze anomale, sono rotti. Per questo i tentativi di fuga si concentrano quasi sempre tra la mezzanotte e le 5 del mattino.
«Ma il problema della gestione della sicurezza all’interno del Cie nasce dall’ambiguità di queste strutture — denuncia Mauro Guaetta, segretario milanese del Siulp, il più importante sindacato di polizia — . Non sono carceri, le forze dell’ordine non entrano, ma poi quando è necessario garantire la sicurezza e impedire le fughe, gli agenti non possono operare con immediatezza. Nel tempo necessario a organizzarsi per intervenire, all’interno succede di tutto. Il ministro Maroni deve decidere cosa vuol fare di questi posti. È necessario rivedere le regole di gestione che oggi sono poco funzionali».