Rimpatri volontari, rimpatri coatti
Tornano a farsi sentire i reclusi del Cie di Bari-Palese. Ad un mese di distanza dallo sciopero della fame col quale denunciavano la propria condizione la situazione non è cambiata di molto, tra sovraffollamento e pestaggi più o meno quotidiani. Dicono di aver raggiunto il limite della sopportazione e minacciano atti di autolesionismo di massa. A far precipitare la situazione, la storia paradossale di un recluso che ha saputo proprio questa mattina di aver perso la madre e che dunque vorrebbe tornarsene in Tunisia dalla sua famiglia: nonostante le sue richieste, però, la Questura non lo lascia partire volontariamente e subito trattenendolo a forza per organizzare un rimpatrio coatto che avverrà chissà quando. Staremo a vedere nelle prossime ore se la tensione accumulata a Bari esploderà nel senso della lotta oppure in quello della disperazione, e vi faremo sapere.
Aggiornamento 9 ottobre. E in effetti, ieri sera, la protesta è scoppiata e si è subito trasferita sui tetti della struttura, dove i reclusi sono saliti in massa per qualche ora. In nottata sono ridiscesi, ma promettono di continuare a lottare. L’appello dei senza-documenti prigionieri ha trovato una eco immediata in città: un gruppo di solidali ha dato vita ad un presidio già ieri pomeriggio in Piazza Umberto, piazza frequentatissima da immigrati con o senza documenti, e ha indetto un nuovo appuntamento di fronte al Cie per il prossimo 22 di ottobre.
Aggiornamento 10 ottobre. Dentro il Cie barese, quest’oggi, la situazione è stata di attesa. Già, perché i questurini ieri avevano promesso ai reclusi un incontro con un qualche dirigente: incontro che, aspetta aspetta, ovviamente non c’è stato.