Per conto di Dio

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Evidentemente, nel loro attuale delirio di onnipotenza, i Pm torinesi Padalino e Rinaudo devono sentirsi investiti, oltre che del legittimo mandato assegnato loro dallo Stato italiano, anche di una sorta di mandato divino. A voler dar retta alle farneticanti motivazioni che continuano a produrre per spiegare le loro decisioni, sembra proprio si sentano in missione per conto di Dio. L’attuale isolamento in cui hanno confinato Claudio, a detta loro dipenderebbe infatti dalla volontà di evitargli spiacevoli frequentazioni con altri anarchici che potrebbero influenzarlo negativamente, rafforzando le sue idee e i suoi principi.

Come quei bravi padri di famiglia che, sfilatisi la cinghia dai pantaloni, colpiscono i propri figli per il loro bene, così la coppia più gettonata della Procura torinese ritiene di dover salvare Claudio, costringendolo un isolamento assoluto, prima che la sua anima risulti definitivamente dannata. Oggi l’isolamento e domani, magari, anche il cilicio e l’obbligo d’inginocchiarsi sui ceci.

Insomma, al momento Claudio non può stare con i prigionieri “comuni” per la preoccupazione del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria che questo incontro possa favorire il nascere di lotte e mobilitazioni all’interno delle carceri; ma non può stare neanche con gli anarchici, come prevede il regolamento penitenziario, per il fervore religioso della procura.

Che poi le motivazioni fornite dai Pm siano soltanto una scusa un po’ più delirante del solito per accanirsi ulteriormente contro Claudio è del tutto evidente, come mostra anche la situazione di Niccolò e Mattia che, rinchiusi nel carcere di Alessandria, possono vedere gli altri compagni di sezione, ma non incontrarsi tra loro, dopo più di 50 giorni passati assieme nel carcere delle Vallette.

Chi conosce bene Claudio sa che non ha certo bisogno di cattive frequentazioni per continuare a pensare che «esiste un abisso tra etica e legalità» e che «non solo è possibile opporsi a chi pretende di devastare il territorio in cui viviamo, ma lottare è anche molto più piacevole della vita che ci impongono di fare ogni giorno».

Un piacere e un sentimento etico che naturalmente gli uomini e le donne di tribunale non possono neanche lontanamente comprendere. Seguendo le orme degli inquisitori di un tempo, costoro possono tutt’al più cercare di accanirsi contro chi gli capita nelle mani.

E per chiamare le cose con il loro nome, l’isolamento carcerario è una tortura a tutti gli effetti. Una delle torture più in voga nei regimi democratici, perché ha il vantaggio di non lasciar alcun segno nel corpo del prigioniero, ma di affliggerne piuttosto la mente e lo spirito.