Dalle vetrine
Come vi abbiamo già accennato, il pomeriggio di questo venerdì il sindaco Fassino lo passerà in mezzo a Borgo Aurora. Sarà impegnato in un dibattito sul “futuro della città” organizzato dal Circolo dei Riformisti, una sezione di partito che il vecchio craxiano Giusi La Ganga ha deciso di nascondere nel retro di un bar, il “Fabian Café”, giacché di questi tempi le sezioni di partito sanno un po’ di muffa e qualcosa di nuovo bisogna pur inventarsi.
Chissà quante volte il sindaco Fassino è venuto dalle nostre parti senza che neanche ce ne accorgessimo, ma questa volta lo abbiamo intercettato per tempo e vorremmo approfittarne per dire pure noi qualche cosa sul futuro della città – o per lo meno sul futuro di quel pezzettino di città che si vede dalle vetrine del bar nel quale il signor Sindaco terrà la sua conferenza.
Già, perché il “Fabian Café” è giusto di fronte al cantiere del nuovo Centro direzionale della Lavazza. E non è un caso: si può dire che è uno degli effetti che chi ha pensato questo Centro direzionale si aspettava di provocare ristrutturando la grossa ex-centrale Enel che prima occupava quello spazio. Riqualificando con un investimento diretto un solo isolato, la scommessa del Municipio e della Lavazza è quella di trainare un cambiamento a cerchi concentrici nel modo di abitare e di vivere di una zona più ampia tutto intorno (e quindi di cambiare chi ci vive, o per meglio dire sostituirlo). Il cambiamento visibile, ad oggi, è limitato all’apertura di un paio di bar un po’ troppo fighetti per la zona e di questo circolo di vecchi craxiani che fingono di essere giovani; ma il cantiere è ancora aperto e per ora non si può pretendere di più. Da notare però che l’unica porzione di lavori terminata, vale a dire la palazzina sul lato di via Pisa, ospita già dall’autunno un istituto abbastanza d’élite, l'”Istituto di arte applicata e design”(Iaad), di fronte al quale scorrono i trenta metri della prima e finora unica smart street torinese. Non ci dilungheremo ulteriormente sul progetto complessivo del Centro direzionale Lavazza. Ma dalle vetrine del “Fabian Café” di Giusi La Ganga si posson già vedere gli studenti discretamente vestiti dell’Istituto che fan su e giù stretti stretti su quel trattino di strada pedonalizzata, panchinizzata e WiFizzata, pronti a scappare verso i loro quartieri non appena suona la campanella: qui non è, ancora, casa loro.
Ma non è neanche più la casa, effimera quanto si vuole, degli “occupanti di via Pisa 5”. Ve li ricordate? Qualche anno fa – proprio mentre il progetto del Centro direzionale stava prendendo corpo e l’Enel stava trattando con la Lavazza per la cessione dei locali – alcune famiglie rumene che fino a quel momento vivevano nella baraccopoli di via Germagnano decisero di andare a vivere nella palazzina dove ora si studia moda e design: furono sgomberati dopo poco più di una settimana e se la polizia si occupò di sfondar le porte, di spaventare i bambini e di prender la gente nel sonno, il Municipio mise invece a disposizione un bel bus della Gtt per riaccompagnare gli occupanti… alle loro baracche abusive sul greto del fiume. Chi avesse guardato quella scena, all’alba di cinque anni fa, dalle vetrine del bar di La Ganga (che al tempo era ancora una trattoria) avrebbe colto benissimo il messaggio: «legali o abusivi, siete inutili e ve ne dovete stare rintanati ai margini della città». E ora che vediamo a cosa era destinato già allora quell’edificio, e quello spicchio di città tutto sommato abbastanza vicino al centro, il messaggio ci pare ancora più chiaro e tagliente: ci son bambini che se ne debbon rimanere lontano, a convivere con il fango e i topi, ed altri più fortunati che per ora possono rimanere qua ma che bisogna educare alla gratitudine verso le autorità civili e i grandi gruppi industriali – come è successo agli allievi della scuola materna di via Ancona, portati in buon ordine a salutare il signor Sindaco e riempiti di biscottini-pubblicità della Lavazza quando in ottobre si festeggiava la pedonalizzazione di via Pisa.
Del resto, un’indicazione in più di cosa si pensi in Municipio rispetto al futuro di questo pezzo di città ci arriva proprio dai sottoposti più zelanti del Sindaco: gli assistenti sociali. La loro sede la si vede bene dalla soglia del Circolo dei Riformisti: basta guardar diritto lungo via Ancona e mirare poi oltre la Dora. In questa Circoscrizione, quando una famiglia straniera si abbassa a chieder loro una mano questi rispondono invariabilmente «tornatevene al Paese vostro»: anche se si tratta di una famiglia residente qui da anni, anche se i bambini sono a metà dell’anno scolastico e magari conoscono solo l’italiano. Non è razzismo, assolutamente. È che di quella massa di gente sbattuta ai margini dalle vicende mutevoli delle ristrutturazioni produttive – gente spremuta per bene finché ce ne è stato bisogno ma che ora nessuno vuol più neanche mettere al lavoro – il Sindaco se ne vuol liberare. Non di tutti, che la loro gestione pure è un buon affare – come insegna Ilda Curti e il suo The Gate -, ma una bella potatura bisogna darla. E quando sarà fatto il lavoro con i proletari in eccesso stranieri si vedrà che si può fare per gli eccedenti italiani.
Al “Fabian” l’espresso è molto buono. Non vi diciamo di che marca è, ma vi diciamo che la macchina del caffé è stato un gentile omaggio della… Lavazza. E se vi affacciate dalla porta del Circolo vedrete sulla sinistra uno scorcio di un grosso edificio che era stato occupato negli ultimi giorni della primavera passata da un gruppo di compagni. L’occupazione più caduca del secolo, giacché poco più di un’ora dopo fu circondata dai celerini e sgomberata. Erano quelle le settimane, infatti, in cui far piazza pulita della resistenza agli sfratti e delle occupazioni era prioritario per il Municipio e per la Questura tanto da obbligarli a tenersi sempre libere un po’ di camionette pronte ad intervenire di corsa ogni volta che in quartiere, sui quei temi, si muoveva foglia. Un anno di barricate di cassonetti, ufficiali giudiziari dileggiati ed occupazioni aveva creato alle Istituzioni più di un grattacapo: un po’ perché i padroni di casa si lamentavano, certamente, un po’ perché anche i processi di riqualificazione urbana – processi che hanno una economia precisa, con committenti e investimenti e conti che prima o poi devono tornare – potevano vedersi rallentati, e soprattutto per l’insubordinazione sociale che quelle resistenze segnalavano e allargavano. Già, perché progettare e governare una città vuol dire disegnarne materialmente lo spazio, suddividerlo con frontiere e muri, e organizzare zone di transito. E quando la gente che abita questo spazio si fa gestire e spostare docilmente – a colpi di speculazioni immobiliari, di intimazioni dei vigili urbani o di sfratti – bene o male tutto funziona; ma quando si stufa di arrangiarsi e di obbedire, o non ha più voglia di rivolgersi agli enti caritatevoli, o di scappar dai pizzardoni, o tempo per aspettar la lotteria dell’assegnazione delle case popolari… allora sono cazzi.
È un peccato, veramente, che dal bar di via Pisa non si riesca proprio a veder nulla di quel che c’è oltre il fiume e oltre corso Giulio Cesare. Altrimenti vi parleremmo un poco anche di Baricco, della sua scuola per formar scrittori-moderatamente-di-sinistra, dei suoi numi tutelari alla Fondazione San Paolo e in Municipio e della loro comune intenzione di mangiarsi Borgo Dora, con quel che ne può conseguire (e ne è già conseguito) per la gente che ci abita e per il Balon.
Alla fine della fiera, mica lo sappiamo cosà dirà Fassino dentro a quel circolo di via Pisa. Sappiamo però che è sempre stato dalla parte dei ricchi e degli affaristi – che sian palazzinari o costruttori di treni superveloci – e sappiamo pure che parlerà del futuro della città proprio nel mezzo di un’area urbana che lui vorrebbe lanciare verso un cambiamento che potremmo riassumere, in attesa di maggiori e più raffinati approfondimenti, in «i proletari di troppo via dalla palle». Ma sappiamo pure che proprio quegli angoli di città, recentemente, son stati quelli che più han dato filo da torcere agli ufficiali giudiziari e, un pochino, pure alla polizia: e questo, dal nostro punto di vista e per la nostra idea di città, è senz’altro un buon auspicio.
Ascolta una presentazione del presidio di venerdì 28, trasmessa ai microfoni di Radio Blackout:
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