Mangia che ti passa

bocca cucita

22 marzo. Domenica sera ad Eataly, il supermercato/ristorante frequentato dai buongustai fighetti della città. Un folto gruppo di antirazzisti entra, si sparpaglia tra i reparti e dissemina sugli scaffali migliaia di fogliettini: «Mangiato bene? Io mi sono cucito le labbra», «Qui la polizia ci picchia e la Croce Rossa non dice niente. Mangia che ti passa!»… Poi si radunano, spunta uno striscione, un megafono e tanti altri volantini. Un piccolo e inaudito corteo comincia a sfilare tra le mensole ricolme e le tavole imbandite. Tra gli avventori c’è chi chiede i volantini interessato e chi fa finta di nulla. Ma c’è anche chi si volta con sdegno: in effetti molestare chi si sta succhiando delle ostriche è segno di scarsa classe e urbanità. Da parte sua, il personale non si scompone più di tanto – ed è una questione di classe anche questa.
Per la prima volta dopo anni di cappelle, la polizia politica torinese è sul luogo del delitto per tempo: un funzionario della Digos, in effetti, è già seduto ad un tavolo in dolce compagnia ancor prima che gli antirazzisti entrino nel supermercato/ristorante. Troppo impegnato a mangiare, neanche lui si sbatte più di tanto per fermare i contestatori.

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Guarda gli altri bigliettini e leggi il volantino distribuito.

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Ecco il testo del volantino distribuito:

Siamo quello che mangiamo?

Se immaginassimo uno straniero che, ignaro sugli usi del nostro paese, si facesse oggi un giro in questo supermercato del gusto, certamente si farebbe l’idea di una società civile e raffinata, ove ciascuno è libero di soddisfare come preferisce i propri appetiti e desideri. Purtroppo le cose non stanno così, e gli stranieri in particolare non se la passano affatto bene.
Per questo siamo qui oggi, affinché nessuno si dimentichi che questi privilegi sono possibili solo al prezzo di vergognose diseguaglianze, sulle quali non è più possibile tacere. Non è un mistero per nessuno che ormai la stragrande maggioranza dei lavori più bassi e faticosi, dalla raccolta nei campi alla cura dei nostri anziani, dai cantieri edili alle pulizie, siano lasciati agli immigrati. Mal pagati, sfruttati e denigrati dai padroni italiani, sono costretti a vivere a testa bassa in cambio delle nostre briciole, col ricatto costante di essere trovati senza documenti ed essere trattenuti in un CIE. In questi luoghi i pestaggi da parte della polizia sono all’ordine del giorno, come le omissioni di soccorso del personale medico e gli psicofarmaci nascosti nel cibo per provocare un sonno lungo e silenzioso. Con le nuove normative in materia di sicurezza ora la prigionia è stata prolungata fino a sei mesi; poi c’è l’espulsione coatta.
E tuttavia questo regime di paura e segregazione non sembra togliere l’appetito agli italiani.
In questi ultimi giorni, da quando i reclusi del Centro di Lampedusa hanno deciso di ribellarsi e bruciare quel lager, in molti CIE si susseguono rivolte e gesti disperati, da Malta a Milano, da Bologna a Gradisca d’Isonzo. A Torino alcuni detenuti del CIE di Corso Brunelleschi si sono tagliati per protesta, qualcuno ha ingerito delle batterie e ne è rimasto avvelenato, qualcuno prosegue lo sciopero della fame e della sete, un altro ha cercato di impiccarsi, un altro ancora siccome ha reagito contro il poliziotto che gli toccava la ferita è stato arrestato e trasferito in carcere. A Bari si sono cuciti le labbra, a Roma dopo l’ennesimo morto i reclusi di Ponte Galeria sono entrati tutti in sciopero della fame. Il ragazzo algerino diceva di sentirsi male, ma il medico non l’ha voluto visitare, e gli è stato risposto che le medicine poteva andarsele a prendere al suo paese. È stato picchiato dalla polizia e il giorno dopo, giovedì mattina, è stato trovato morto.
Non staremo a guardare mentre politici di destra e di sinistra varano leggi razziste e diffondono parole di odio e persecuzione. Non ci rassegneremo all’indifferenza dei più, né al silenzio imposto dall’informazione di regime, perché non possiamo più sopportare di vedere gente perbene che assapora delizie mentre altri ingoiano ferri e sono costretti allo sciopero della fame per essere ascoltati. Chiedono di essere lasciati in libertà, ed hanno bisogno del nostro aiuto. Siamo sicuri che tra un bicchiere di vino biologico ed un risotto equo e solidale in molti avranno lo scrupolo di riflettere su questi fatti gravissimi che succedono con sempre più drammatica frequenza. Qualcuno forse ci griderà contro, altri vorranno sapere come fare qualcosa, nessuno in ogni caso potrà rifiutarsi di fare un piccolo esame di coscienza.
Se a ragione si dice spesso che siamo quello che mangiamo, non possiamo più nascondere ai nostri occhi quel confine sempre più netto che separa chi ha tutto da chi non è niente, chi è libero da chi è schiavo.

Chiudiamo i lager!
Solidarietà con tutti gli immigrati in lotta per la libertà!

Assemblea Antirazzista di Torino
assembleaantirazzistatorino@autistici.org

Scarica il volantino.

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