Treni

25 aprile. È notte, e nei bassifondi di Torino le voci si rincorrono e si rimpallano: un carabiniere sarebbe morto poche ore prima, travolto da un treno sulla ferrovia che rasenta Corso Principe Oddone, e un suo commilitone sarebbe rimasto ferito. In mattinata le prime agenzia confermano il morto, ma non il ferito. I due stavano inseguendo dei giovani stranieri lungo i binari, nello stesso luogo dove qualche anno prima era rimasto dilaniato un ragazzo di colore, proprio mentre cercava di scappare alla polizia. In quell’occasione, gli amici e i parenti del morto, radunatisi sul posto, erano stati violentemente allontanati dai manganelli degli uomini in divisa. Dal 2004, moltissime sono state le vittime di inseguimenti con le guardie. A volte uccisi da proiettili partiti “per errore” dalle pistole della polizia (nel 2005 nel centro di Torino e nel 2007 fuori da un supermercato di Ivrea), a volte per “cause accidentali”: chi scivolato da un tetto, chi da un balcone, chi finito sotto un treno – ma la maggioranza sono annegati, nel Po e nello Stura. L’ultimo: Luca, un giovane Rom finito nella Dora mentre scappava dai colpi esplosi (in aria?) dai Carabinieri. La più giovane: Lathifa Sdairi, caduta da un tetto di San Salvario mentre scappava da un controllo dei Vigili Urbani nella mansarda nella quale stava dormento, senza documenti. Uno stillicidio di morti, continuo, che per una volta, finalmente, ha cambiato di segno.