Modena: uniformi, squadrette e sguardi divertiti
Abbiamo sentito questa mattina i reclusi del Cie di Modena. È stato molto emozionante perché è la prima volta che si apre un contatto diretto con quel Cie e questo è successo solo perché la lotta di solidarietà ogni tanto dà i suoi frutti. Uno dei reclusi che abbiamo sentito veniva da Corelli quindi, una volta portato a Modena, ha avuto la possibilità di trovarci. Ha confermato purtroppo le convinzioni che già avevamo sul fatto che il Cie di Modena si configura come un carcere speciale e che ci hanno portati alle lotte insistenti su Modena, contro la Misericordia che gestisce quel lager fino al corteo del 19 giugno e oltre: niente telefoni, e lo sapevamo, via gli abiti “civili”, appena entrano sono obbligati ad indossare un’uniforme «come a Guantanamo», e questo ci era invece sconosciuto, camerate di sette persone senza riscaldamento e senza coperte ma soprattutto c’è una squadretta di 8/10 poliziotti che pesta un giorno sì e uno pure chiunque si permetta di protestare sotto lo sguardo divertito degli operatori della Misericordia «Guardano e ridono». Ciò che più colpisce è che i due che abbiamo sentito dicevano entrambi «non parliamo dei sei mesi, se ce li vogliono far fare che lo facciano ma la cosa più grave, e che non sopportiamo proprio, è che ci tolgono completamente la dignità. Capito? ci tolgono tutta la dignità» «Siamo terrorizzati!»
Domenica pomeriggio dalle 17 saremo sotto le mura del Cie e sabato in città per continuare a far uscire le loro voci e per rompere l’isolamento. Oggi un po’ di questo isolamento si è rotto. Andiamo avanti.
Solidali e anarchici di Bologna e Modena