Farina, vernice, sassi
Venerdì 12 novembre, verso le 18, sfidando una pioggia battente una cinquantina di persone sono partite in una manifestazione selvaggia contro il nuovo centro di reclusione di Steenokkerzeel e contro tutte le prigioni. La manifestazione è cominciata nella metro Clemenceau (ad Anderlecht). I partecipanti hanno distribuito volantini, lanciato fuochi artificiali e acceso fumogeni gridando slogan contro i centri di detenzione, contro lo Stato, in solidarietà coi rivoltosi nelle carceri, eccetera. L’iniziativa è stata accolta con entusiasmo da parecchi passanti e abitanti del quartiere.
Alcune pattuglie di polizia che cercavano di avere un incontro ravvicinato con la manifestazione sono stati ricevuti come si deve, con lanci di vernice, di farina e di sassi. I vetri di un veicolo appartenente alla società Carlson Wagonlit (che collabora con le espulsioni) e alcune finestre dello stabile della SNCB (le ferrovie belghe, attive nelle retate dei senza-documenti) sono state spaccate. Un fumogeno è stato scagliato sotto un veicolo della televisione nazionale che passava di là per caso. La manifestazione si è quindi diretta alla Gare du Midi per entrare a Saint-Gilles. A quel punto, un numero crescente di pattuglie della polizia hanno tentato di accerchiare i manifestanti. Reti metalliche e barriere dei cantieri raccolte lungo il percorso sono state messe di traverso nella strada per rallentarli. Appena entrati a Saint-Gilles, i manifestanti si sono dispersi. La polizia non ha potuto arrestare nessuno.
Segue il testo di due volantini distribuiti durante l’iniziativa:
CONTRO I CENTRI PER CLANDESTINI E CONTRO TUTTE LE PRIGIONI
Contro tutte le prigioni Perché la prigione non è che il prolungamento estremo di questa società che fondamentalmente non ci lascia scegliere dove stare, dove andare e cosa fare. Perché la prigione e la legge non hanno niente a che vedere con la giustizia, esistendo solo per mantenere un certo sistema e per incarcerare gli indesiderabili. Perché una società che ha la necessità di rinchiudere persone, di torturarle fisicamente e mentalmente e di distruggerle, è meglio attaccarla al più presto, se vogliamo un giorno avere la possibilità di assaporare quella che potrebbe essere la libertà.
Per un mondo senza Stato Perché qualsiasi Stato rappresenterà sempre un ostacolo sul cammino di chi desidera vivere libero. Perché lo Stato ci ridurrà a numeri e soffocherà la nostra individualità. Perché in questa società ci sono persone che, a immagine e somiglianza dello Stato, esercitano il potere sugli altri. Diventare un padrone, fare il secondino, controllare il proprio partner, denunciare i tuoi vicini. Tutti comportamenti che rafforzano lo Stato e gli stessi fondamenti dell’autorità.
Per un mondo senza frontiere Perché le frontiere esistono solo per proteggere la “prosperità”. Una prosperità che chiede tutto da noi e che in cambio concede un’esistenza miserabile. Una prosperità che rende ricche alcune persone e sfrutta enormemente tante altre. Perché le frontiere erette dal razzismo, dal nazionalismo, dal sessismo e dalla religione ci mettono gli uni contro gli altri e ci fanno dimenticare tutto ciò che veramente ci deteriora la vita, ci controlla e ci opprime.
Perché desideriamo senza limiti un mondo basato sulla solidarietà e sulla libertà individuale.
Per un mondo senza Stato e senza frontiere
LA SEMPLICITÀ DELLE COSE
Per una volta vorremmo provare a parlare un linguaggio semplice. Perché le ragioni per cui siamo in collera e vogliamo cambiare questo mondo nella sua totalità e il più in fretta possibile, sono semplici. Perché, in fondo, i desideri e le idee che abbiamo sono semplici.
Siamo tutti differenti, abbiamo un passato differente, storie differenti. Lavoriamo, o magari no. A fine mese riusciamo a sbarcare il lunario, o magari no. Siamo già passati per la galera, o magari no. Eppure, c’è una sorta di filo rosso che attraversa le nostre vite e che lega la maggior parte di noi. Cerchiamo di sopravvivere a una realtà che non abbiamo scelto e che, siamo onesti, alla fin fine ha davvero ben poco da offrirci. Ogni giorno dobbiamo di nuovo correre per non essere calpestati. Al lavoro, a scuola, all’agenzia interinale, all’ufficio di collocamento. Dappertutto ci si aspetta da noi che acconsentiamo, che siamo acquiescenti, o meglio ancora che prendiamo l’iniziativa e partecipiamo al gioco con accanimento affinché un giorno, forse, prendiamo il posto del padrone. Da noi si attendono comunque obbedienza, perché sono loro che possono ficcarti la testa sott’acqua. Questa condizione che è diventata una realtà costituisce un attentato diretto contro il nostro tempo, la nostra energia, la nostra salute e le nostre relazioni sociali. Ci viene offerta una vita all’ombra degli uffici e delle fabbriche. Per di più, senza darci alcuna sicurezza. Negli ultimi vent’anni qui non ci sono mai stati tanti poveri come ora. Sempre più persone non riescono a seguire il ritmo e sono strangolate dalla povertà. Ma naturalmente non c’è solo la povertà a minacciarci quando non vogliamo seguire il normale corso delle cose. Su tutti noi pende la minaccia del carcere. A chi decide di tracciarsi un cammino non proposto dal menù, lo Stato risponde con l’isolamento e la reclusione. E lo Stato lavora sodo al loro sviluppo. A Steenokkerzeel stanno per essere posate le ultime pietre di una nuova prigione per senza-documenti. Una prigione con celle individuali, concepita appositamente per i detenuti ribelli che non si rassegnano alla propria reclusione. Nel frattempo sono in corso di elaborazione nove nuove prigioni, fra cui una con mille posti ad Haren, nella periferia di Bruxelles. Una società basata sulla costrizione e sul controllo deve costruire luoghi di detenzione anche per mantenere le cose come sono. Noi non accettiamo né questa società né l’esistenza delle sue carceri.
Per fortuna esistono anche altre persone arrabbiate, perfino furiose. In Francia, in questi ultimi due mesi, l’atmosfera della vita quotidiana ha cambiato tono. Una protesta sindacale contro il prolungamento dell’età pensionabile è diventata per molti un momento di lotta contro lo Stato, contro il capitalismo ed altro ancora. Nemmeno più vicino a noi gli ultimi mesi hanno visto mancare un certo spirito di iniziativa. In diverse carceri i detenuti si sono ribellati ed hanno attaccato le infrastrutture. Anche fuori dalle mura, alcune persone si sono scontrate con ciò che deteriora la loro vita. Due settimane fa, ad Anderlecht, gli sbirri sono stati attaccati a colpi di bottiglie molotov e pietre, e pochi giorni dopo alcuni uffici della polizia federale hanno subìto un attacco incendiario. Questi avvenimenti non escono dal nulla. Negli ultimi anni si sono verificati spesso atti del genere. Ci sono stati molti momenti in cui lo Stato è stato attaccato, le prigioni e quelli che le costruiscono si sono ritrovati qualche bastone fra le ruote, l’autorità in tutte le sue forme e colori strapazzata.
Ciò che non vogliamo più ha un volto contro cui appare possibile opporsi. Adesso resta da sapere se questa voglia di battersi è solo un sasso tirato nell’acqua o se può veramente cambiare il corso del fiume. Vogliamo lottare contro quanto ci soffoca. Non solo per il disgusto che ci provoca, ma perché aspiriamo a qualcosa di completamente differente. Un altro modo di vivere insieme dove poter cercare senza intralci la più grande libertà per ciascuno. Un mondo non più basato sul lavoro, il denaro e la ricerca di denaro, sul potere e la costrizione, ma sulla solidarietà e i desideri condivisi, che rompa con la mediocrità quotidiana e faccia della vita un’avventura. Sogni che diventino realtà, respingendo ogni compromesso che vorrebbe convincerci a sminuirli. Non più padroni né lavoratori, quindi, non più detenuti né secondini, non più capi né seguaci. Solo noi stessi e quel che vogliamo farne.
Per una lotta senza limiti per la libertà
Contro ogni autorità, per la rivoluzione sociale
da Indymedia Lombardia