Ancora arresti a Parigi
In queste ultime settimane, in Algeria e Tunisia, migliaia e migliaia di individui sono scesi per le strade per gridare la loro rabbia e la loro rivolta contro le condizioni di vita che sono loro imposte, provocando come tutta risposta decine di morti fra gli insorti. Oggi che la democrazia è ritenuta vittoriosa a Tunisi, gli stessi sbirri assassini dovrebbero difendere la “libertà” a caro prezzo guadagnata con la fuga di Ben Ali. Ma quel grido uscito da migliaia di petti, “Libertà”, voleva dire proprio questo, il ritorno alla normalità sotto l’egida di capi più democratici?
La Libertà… è per essersi battuti per essa e aver scritto su un muro “Algeria, Tunisia, viva l’insurrezione” e “Viva l’anarchia” (la Libertà completa, l’assenza totale di autorità) che Camille, Dan e Oliver sono stati arrestati e poi incarcerati venerdì 14 gennaio. Il sogno che portano nel cuore, che porta il nome così dolce di “Libertà”, sembra decisamente troppo grande per quelli che gestiscono questo mondo di sbirri. Camille è uscita, alla fine, mercoledì 19, ai domiciliari.
Venerdì 21 c’è poi stata l’incarcerazione di François, a cui si contesta di essersi impegnato nella lotta in solidarietà con gli accusati dell’incendio del Centro di detenzione di Vincennes, prigione per stranieri che era bruciata nel giugno 2008, raggiungendo così lo stato che dovrebbe essere quello di tutte le prigioni: cenere. Uno degli slogan di quella lotta era: “Libertà per tutti, con o senza documenti!”. In effetti, non è perché non siamo in galera o in un centro di detenzione che siamo liberi: dal lavoro che ci incatena per poter sopravvivere, alle nostre abitazioni carcerali; dagli sbirri che ci impediscono di vivere agli psicologi che vogliono farci entrare nelle loro caselle; dai professori che addestrano ed umiliano i ragazzini a tutti i rapporti viziati che reggono la nostra vita; no, non siamo liberi, nemmeno fuori.
Potremmo sì vivere liberi, da Parigi a Tunisi, da Tijuana a Seul.
Prendere in mano le nostre vite senza nessuno per giudicarci, reprimerci, arrestarci, classificarci, schedarci, educarci, eliminarci.
E anche se la repressione colpisce, a livelli diversi (prigione e pallottole), da una parte e dall’altra del Mediterraneo non deve impedirci di gridare: Libertà per tutte e tutti, in ogni angolo della Terra, con o senza documenti!