Un corteo, per forza

13 febbraio. Dopo l’annunciato presidio alla stazione di Porta Susa in appoggio a Guido e Arturo, partecipato da un centinaio di compagni, un gruppone di solidali prova a prendere un tram per raggiungere Porta Nuova e poi la Valsusa e dare vita ad una carovana informativa sui fatti della domenica precedente. Il tram, però, viene circondato dalla Digos e dalla Celere, che costringono tutti a scendere e ad andare a piedi, e tutti insieme, ma verso Porta Palazzo. Probabilmente la Digos non vuole che i compagni incrocino, a Porta Nuova, un folto numero di alpini in pensione – deboli di fegato e di cuore – che proprio in quel momento stavano inaugurando una grossa scultura per preparare l’adunata di maggio. Sta di fatto che viene fuori un piccolo corteo che, al grido di “Guido e Arturo liberi” e “Non farti avvelenare, rifiuta il nucleare”, arriva, circondato di camionette, fino in via Cigna e poi rasenta la Dora per arrivare alla piazzetta del Balon. Solo lì, dopo un po’, i compagni vengono lasciati liberi e si disperdono: chi verso la Valsusa a dar vita alla carovana informativa, chi verso casa.