Emergenza: cannoni, denari e sbarre
Roma, 22 febbraio 2011 –Il piano di emergenza che in queste ore viene messo a punto al Viminale è quello che prevede lo scenario peggiore. Perché in Libia vivono da tempo oltre un milione di clandestini provenienti da altri Paesi della regione e il crollo del regime di Gheddafi potrebbe spingere molti di loro a mettersi in viaggio verso l’Europa e dunque sulla rotta che passa per l’Italia. Il clima di tensione che si respira nel nostro Paesetrova conferma quando la Difesa decide di alzare il livello di allerta nelle basi dell’aeronautica, mentre l’Interno coordina gli interventi di sicurezza in collegamento con l’Unione Europea. Ma la trova soprattutto nella decisione del ministro dell’Interno Roberto Maroni di appoggiare la richiesta del leader Udc Pierferdinando Casini per la creazione di una «unità di crisi» aperta ai partiti dell’opposizione. I due ne avrebbero parlato in colloquio telefonico e stasera la questione sarà affrontata nella riunione convocata a palazzo Chigi.
Il sistema di controllo sulla costa libica è già saltato, il contingente della Guardia di Finanza che fino a qualche giorno fa pattugliava porti e spiagge insieme ai poliziotti locali è stato trasferito presso l’ambasciata italiana a Tripoli. Gli ufficiali di collegamento che sono ancora operativi hanno comunicato di non avere più interlocutori con i quali trattare. Vuol dire che non c’è più alcuna vigilanza e dunque bisogna riorganizzare il sistema di sorveglianza con i mezzi navali e con gli aerei. Perché le notizie arrivate ieri in serata— sia pur non controllate — parlavano di decine di barconi pronti a salpare appena le condizioni del mare lo consentiranno. Non a caso si è deciso di mobilitare la nave Marina Elettra dotata di un particolare sistema radar e di controllo tecnologico che consente l’intercettazione delle comunicazioni. Fino a ieri sera era nel porto di La Spezia, ma nelle intenzioni dei vertici militari c’è quella di farla salpare con a bordo le unità speciali di contrasto all’immigrazione clandestina, in grado di fronteggiare l’arrivo dei pescherecci e dei barconi carichi di migranti.
Era stato proprio Maroni — di fronte al precipitare della situazione in Libia — a sollecitare Silvio Berlusconi a convocare con urgenza un vertice interministeriale. In primo piano c’è l’emergenza immigrazione, ma ci sono anche le ripercussioni di questa crisi sull’economia italiana. «Rischiamo di fare la fine di Costantinopoli» , ha sottolineato il titolare dell’Interno illustrando al presidente del Consiglio i pericoli provenienti dalle rivolte che infiammano l’intero Maghreb. E non celando i propri timori per il fermento di quell’area islamista che, secondo numerosi esperti, si muove per fomentare e per cercare di orientare i movimenti popolari. Sabato scorso, mentre in Cirenaica esplodevano le proteste, il prefetto Rodolfo Ronconi, responsabile del Dipartimento Immigrazione del Viminale, ha presieduto la riunione con i responsabili degli Affari Internazionali della commissione europea per mettere a punto il piano di intervento in mare. L’Italia ha già schierato i mezzi navali della Marina, della Finanza e della Guardia Costiera e quelli aerei per la sorveglianza dall’alto. Ora scatta la missione Frontex, ma anche questo potrebbe non bastare tenendo conto che la Tunisia e l’Egitto non sono affatto pacificate e pure il Marocco appare in fermento. L’Italia ha chiesto alla Ue un finanziamento da 100 milioni e domani Maroni rinnoverà questa esigenza nell’incontro a cinque che precede la riunione dei ministri dell’Interno dei 25 Stati membri dell’Unione prevista giovedì a Bruxelles.
Il vertice di domani al Viminale coinvolgerà Francia, Grecia, Cipro e Malta, direttamente coinvolti insieme alla Spagna nella nuova ondata migratoria che arriva dall’Africa. Maroni comunicherà quanto è già stato deciso di fare in Italia per essere pronti a gestire le migliaia di extracomunitari che potrebbero arrivare nei prossimi giorni e quelli che sono già approdati dopo essere partiti dalla Tunisia. Al momento viene confermata la scelta di farli rimanere in Sicilia: la Protezione Civile ha trasferito il materiale per allestire tendopoli in varie aree e così «sfollare» il centro di accoglienza di Lampedusa e soprattutto l’intera isola ormai occupata da migliaia di migranti. I Cie e le altre strutture italiane hanno una capienza complessiva di oltre 6.000 persone, ma si punta ad avere almeno altrettanti posti e dunque si devono individuare le aree dove creare i villaggi. Una soluzione estrema che però non viene affatto esclusa, tenendo conto della gravità delle informazioni che arrivano dalla Libia e più in generale dal Nordafrica. Chi chiede asilo dovrebbe invece essere alloggiato nel Villaggio degli Aranci a Mineo, in provincia di Catania, anche se il Cir, Consiglio Italiano per i Rifugiati, ha chiesto ieri al ministro di valutare un’ipotesi alternativa nel timore che «in una struttura così grande si perda il controllo della situazione» . La scelta definitiva dovrebbe essere fatta oggi, inserita in un progetto complessivo che si muove seguendo le regole previste dallo stato di emergenza umanitaria decretato nei giorni scorsi. Un piano da sottoporre all’Unione Europea dove Maroni ribadirà che l’Italia non è in grado di fronteggiare da sola «una situazione che rischia di trasformarsi in un a catastrofe per tutto il nostro continente» .
(Corriere della sera)