La rabbia degli altri

Lampedusa brucia, ancora. Ogni sincero nemico delle frontiere e delle espulsioni freme di gioia per questo ennesimo incendio alimentato della rabbia e della voglia di libertà, e allo stesso tempo trema di rabbia  e di sgomento per le vergognose parole del sindaco De Rubeis (“Questo è uno scenario di guerra. C’è una popolazione che non sopporta più, vuole scendere in piazza con i manganelli e difendersi da sola”). Parole che suonano come una vera e propria istigazione alla guerra civile. Parole che, lo sappiamo tutti molto bene, possono essere prese molto sul serio. A questo punto, ogni sincero nemico delle frontiere e delle espulsioni non può limitarsi a contemplare quella che potremmo definire la “rabbia degli altri”, di qualunque segno essa sia. Occore avere pronte idee e proposte semplici e all’altezza della gravità della situazione, e soprattutto delle sue potenzialità. “All’altezza della situazione” significa semplicemente questo: chiunque, in un’ipotetica assemblea, si facesse avanti ora con un discorso genericamente antirazzista, pieno di tutte le banalità del caso (siamo stati emigranti anche noi, dobbiamo accoglierli, e via sbrodolando) e proponesse, per dirne una, un volantinaggio davanti al municipio, ebbene costui correrebbe il rischio concreto di essere preso a sberle, sberle forse ben meritate. Ma se invece l’idea fosse “il problema è l’esistenza del Cie” e la proposta fosse “distruggiamo quel che ne resta e impediamone la ricostruzione”, ci potrebbe essere qualche concreta possibilità che diversi lampedusani arrabbiati, arrabbiati indistintamente col Governo e con gli immigrati, decidano di mettere da parte i manganelli di De Rubeis, e di impugnare tronchesine, piedi di porco, mazze, picconi e tutto quel che serve per terminare una volta per tutte l’opera di demolizione cominciata dai rivoltosi.

(Si susseguono, una dopo l’altra, le agenzie di stampa sulla sommossa di Lampedusa. Le notizie sono ancora frammentate e un po’ confuse. Questo pomeriggio i reclusi hanno dato vita ad una grossa protesta dando fuoco al Centro che ora sta bruciando, un incendio che non può non riportare alla mente quello del febbraio 2009. Buona parte dei migranti sono scappati e si sono diretti verso la piazza centrale del paese per continuare la protesta. L’incendio non è ancora stato spento, ma si parla di due terzi del Centro inagibile e sembra che a causa della grossa nube di fumo sia stato chiuso l’aeroporto dell’isola.)

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