Ancora uno sforzo
Pubblichiamo un articolo tratto dal numero di settembre del mensile anarchico Invece, accompagnato da una cartina che rappresenta graficamente la situazione dei Centri in Italia. I dati sui posti effettivamente disponibili nei Centri danneggiati dalle rivolte ma ancora funzionanti cambiano di giorno in giorno, e quindi potrebbero non essere precisi all’unità. In ogni caso, su tredici Centri pensati dai funzionari del Ministero ad oggi sei sono chiusi e quasi tutti quelli rimasti aperti sono più o meno severamente danneggiati. Se volete fare un confronto con la cartina originale, che risale a due anni fa, la potete trovare sul sito del Ministero dell’Interno.
Ancora uno sforzo. Estate nei Cie
Dopo le rivolte scoppiate nell’inverno e nella primavera scorsi in diversi Centri di Identificazione ed Espulsione che ne hanno ridotto la capienza o provocato addirittura la chiusura, la rabbia dei reclusi contro questi lager è continuata a divampare anche durante l’estate.
Il 18 giugno a Crotone alcuni reclusi si scontrano con le forze dell’ordine utilizzando spranghe di ferro e pietre trovate all’interno della struttura per protestare contro le condizioni di detenzione. Cinque finanzieri e quattro militari restano feriti. Nel pomeriggio del 19 luglio in due blocchi del Cie di Modena vengono fracassati mobili e suppellettili e spaccati i pannelli di plexiglass; nel cortile interno vengono poi bruciati alcuni materassi. A mezzanotte, alla notizia che non verrà riconsegnato un numero di materassi sufficiente per tutti riesplode la protesta: 13 reclusi salgono sul tetto utilizzando come gradini i buchi fatti nei pannelli di plexiglass e iniziano a scagliare tegole contro le forze dell’ordine tenendo in scacco fino alle quattro del mattino i poliziotti, i finanzieri, i carabinieri e gli agenti della municipale accorsi in gran fretta. 70mila euro i danni provocati alla struttura, a poche centinaia di metri dal Centro poi, proprio mentre era in corso la rivolta, ignoti approfittano delle strade relativamente sgombere per svaligiare un negozio del tutto indisturbati: 40 mila euro il bottino. Nel frattempo il sindacato di polizia Siulp, lamentandosi con Prefetto e Questore, chiede a gran voce la chiusura del Cie e verrà accontentato poco prima di ferragosto quando il Centro verrà svuotato e chiuso per ristrutturazione. Alcuni giorni dopo, nella notte tra domenica 21 e lune dì 22 luglio nel Cie di corso Brunelleschi a Torino, i reclusi dell’area bianca, la più nuova, quella appositamente ristrutturata per esistere ai disordini, danno il la all’ennesima rivolta. Le misure anti-rivolta (letti avvitati ai pavimenti e tavoli della mensa in cemento) non impediscono agli immigrati di danneggiare seriamente la struttura e in poco tempo altri fuochi vengono accesi nell’area gialla, nella rossa e nella blu. Durante la sommossa alcuni reclusi tentano la fuga: alcuni vengono subito ripresi, un altro cade e viene portato in ospedale ferito, un altro ancora pare invece che sia proprio riuscito ad evadere. Non si registrano arresti. E fino al martedì mattina successivo i reclusi delle varie aree rimangono ancora accampati nei cortili, a causa dei danni inferti alla struttura.
Nel Cie di Gradisca la sera dell’8 agosto i reclusi si rifiutano di entrare nelle camerate e la polizia decide di convincerli con manganelli e lacrimogeni: per non rimanere soffocati spaccano alcune barriere di plexiglass che circondano il cortile dell’aria. Tre giorni dopo nuove proteste e nuovi lanci di lacrimogeni: alcuni reclusi salgono sui tetti, tentando forse di scappare, ma due cadono. Uno si ferisce gravemente. Per cercare di riportare la calma il Prefetto è costretto a cedere ad alcune richieste: vengono restituiti i telefoni, che nel Centro di Gradisca erano vietati da mesi, e viene riaperta la sala mensa, chiusa da tempo per evitare pericolosi assembramenti. Sabato 17, mentre fuori si radunano quasi duecento persone in solidarietà ai reclusi in lotta, questi distruggono nuovamente alcune barriere di plexiglass e salgono sui tetti, restandoci fino a tarda sera. Nella notte tra lunedì e martedì 20 infine, approfittando del maltempo e della mancata riparazione delle barriere di plexiglass, diversi reclusi durante il cambio turno riescono a scavalcare il muro di cinta. I militari di guardia, intervenuti in ritardo, sono purtroppo riusciti a fermare diversi fuggitivi, ma sembra che almeno in sei ce l’abbiano fatta. Nella notte del 10 agosto nel Cie di Crotone muore un recluso di 31 anni, per un malore dicono, a diversi giorni di distanza, la polizia e la Misericordia che gestisce la struttura. Una scintilla che fa scoppiare l’incendio: i reclusi del Centro, una cinquantina in tutto, danno vita a una rivolta e in poche ore vengono distrutti i muri e l’impianto di videosorveglianza, poi incendiate le stanze e gli arredi. E così, con una struttura completamente inagibile e ingestibile, la Prefettura decide di chiudere i battenti e trasferire i reclusi in altri Centri.
Come si diceva all’inizio, i reclusi dei Cie stanno quindi continuando, colpo su colpo, pezzo dopo pezzo, a smantellare la macchina delle espulsioni. Dei circa duemila posti di internamento previsti per senza documenti, ne sono oggi disponibili meno della metà. A Roma, i responsabili dei Cie sparsi in tutto il paese continuano a fissare vertici d’emergenza per fare il punto della situazione. Con la loro rabbia, ostinazione e ansia di libertà i reclusi stanno mostrando come “Fuoco alle prigioni” possa essere non solo uno slogan o una scritta vergata sui muri. In uno dei momenti di più alta conflittualità nei Cie, è però l’iniziativa dei nemici delle espulsioni a non essere all’altezza di ciò che la situazione richiederebbe. Rimandando ad altri momenti una riflessione sul perché di queste difficoltà, è ora più che mai necessario sottolineare quanto sia urgente riprendere anche “fuori” le ostilità. Cogliere l’occasione. Perché queste parentesi favorevoli in cui il nemico è in grande difficoltà non durano in genere a lungo. E oggi noi, “fuori”, possiamo e dobbiamo dare delle spallate per far sì che questi lager per senza documenti non esistano più.