Le vasche di Natale
Via Botero, via Bertola, piazza Arbarello e via Garibaldi. Dai litigi convulsi degli agenti della polizia politica arrivati fino all’orecchio di qualche compagno, il corteo partito sabato da piazza Solferino non avrebbe mai dovuto raggiungere la via dello shopping nel bel mezzo di un sabato pre-natalizio, anzi nessuno sarebbe proprio dovuto arrivare fino al concentramento.
Forse credevano di fermare tutti alla spicciolata, come hanno fatto con alcuni compagni che arrivavano da Bolzano e che hanno tenuto in questura qualche ora, o di impedire l’ingresso alla piazza con un immenso cordone di caschi blu che ostruiva tutte le strade. Peccato per loro che circa cento persone fossero partite da Porta Palazzo e al concentramento ci siano arrivate con cori, grida e uno strisione già aperto... Non se lo aspettavano e, nonostante il tavolo di pubblica sicurezza organizzato per l’occasione e gli infiniti mezzi a disposizione, questa sorta di pre-corteo è riuscito ad arrivare all’incrocio tra via Pietro Micca e via Cernaia, dove davanti a una piazza Solferino insolitamente blindata ha dovuto fermarsi e ripensare il concentramento proprio in mezzo alla strada, unico angolo lasciato libero dai cordoni di celerini.
Dopo un’oretta si è deciso di partire prendendo la via del Quadrilatero. La conformazione della città vecchia rallenta i mezzi dell’antisommossa e aiuta gli audaci: vie strette, alcune prese in contromano e con cambi di direzione e les jeux sont faits, ecco il cuore del centro. L’obiettivo di questa manifestazione contro il Decreto Sicurezza di Salvini e contro la Sorveglianza Speciale di Antonio, era del resto proprio sfilare arrabbiati nelle vie della vetrina natalizia, fare un po’ di casino in questo grande meccanismo di distrazione generale mentre a qualche km di distanza c’è chi viene sfrattato, poco più in là qualcuno deve camminare guardandosi le spalle perché non ha i documenti in regola, dentro a qualche ristorantino una ragazza lavora dieci ore al giorno per 350 euro di borsa-lavoro e e si deve sentire grata di questa nuova schiavitù.
L’ingresso in via Garibaldi è veloce, tra i passanti incuriositi e a tratti sgomenti nel vedere questo blocco molesto che vergava scritte sui muri dei negozietti e imbrattava le vetrate di una filiale di Intesa San Paolo. Poi solito teatrino, celere schierata e minacciosa a interrompere il flusso di passanti e via che si riparte presi bene verso Porta Palazzo.
Giunti oramai alla fine del percorso, l’ingresso al mercato di Porta Pila ha aggiunto un sapore nostrano alla manifestazione. Molti interventi si sono susseguiti sugli imminenti progetti di riqualificazione della piazza: da quello che sta schiacciando i venditori di scarpe per fare posto al nuovo Mercato Centrale per turisti e amanti del gourmet a quello di piazza della Repubblica 12, dove gli inquilini sono finiti sotto sfratto per far posto a un ostello di lusso. Nel mentre i vetri del Palafuksas sono stati imbrattati e i cartelloni pubblicitari del futuro ostello sono stati strappati dalle impalcature. Un’altra voce ancora ha ricordato i morti al confine italo-francese e la lotta che si sta portando avanti nelle montagne vicino a Torino contro questo meccanismo di gestione e repressione della popolazione migrante. Una lotta a oggi rilanciata dalla neonata occupazione di Oulx, in barba proprio al famigerato decreto che ha aumentato i minimi e i massimi penali per chi decide di prendersi una casa e uno spazio di lotta.
La manifestazione ha infine attraversato corso Giulio Cesare, nel tratto più martoriato dalle retate contro i clandestini, mentre il blocco compatto aveva oramai superato le quattrocento persone, con alcuni passanti aggregati proprio transitando dal mercato.
“Il DL Salvini colpisce tutti, RIBELLIAMOCI!” – è l’ultima scritta lasciata per terra all’incrocio con corso Brescia, alla fine del percorso.
E questo è forse uno dei messaggi più importanti che occorre mandare in questo momento, perché questo governo sta dimostrando di voler fare la guerra a tutti e tutte le persone sfruttate che potrebbero alzare la testa, italiane e straniere. Mandare un messaggio che una lotta dura è possibile e non possiamo cedere alla paura, alla guerra tra poveri solo perché lo Stato e i padroni sembrano troppo difficili da combattere.
Durante tutto il tragitto il nome di Antonio è stato urlato di continuo, compagno da sempre impegnato nelle lotte in questa e altre città, costretto a due anni di Sorveglianza Speciale per tentare di fiaccare la sua voglia di combattere. Una misura preventiva che si sta sempre più affinando per sedare i barlumi di opposizione radicale a questo mondo, ma davanti alla quale abbiamo ribadito che non siamo disposti a subire in silenzio.
Un corteo che sicuramente non è stato in grado di fare quello che questi tempi difficili richiedono, ma d’altronde si tratta solo di un piccolo evento all’interno di un spinta alla lotta e al conflitto che si cerca di sostanziare giorno dopo giorno, tra compagni e sfruttati. Un corteo lontano dalle sigle e dalle bandiere di qualsivoglia natura e che voleva semplicemente unire tutte quelle persone che in questo momento sentono la spinta a mostrare una opposizione pratica alle politiche di questo governo e al presente di lacrime e sangue che ci hanno impacchettato.