Asinelli e gru
Le parole di Silvia e Anna hanno risuonato nelle radio locali, si sono imposte negli uffici di chi amministra la reclusione, hanno vibrato in una chiesa come sul palco di uno dei tanti grandi eventi disseminati nelle città, sono state scritte su parecchi muri e appese ai cavalcavia. Ieri però hanno scavalcato le mura di cinta del carcere de L’Aquila per posarsi poco più in là, sopra una gru nel cuore storico della città in estenuante ricostruzione, dove quattro compagni sono saliti e hanno affisso un lungo striscione nero:”CHIUDERE L’AS2 DI L’AQUILA!”
Parallelamente un altro gruppo di compagne e compagni si è intrufolato nel Municipio dando vita all’occupazione di una sala consiliare con l’obiettivo di non mollare la presa finché il TG regionale non avesse parlato dell’accaduto e riportato con precisione le richieste delle due compagne in sciopero della fame. Obiettivo raggiunto e occupazione smobilitata, salvo delle prevedibili identificazioni da parte delle forze dell’ordine, che avevano blindato l’edificio. Infine sono scesi anche i compagni in cima alla gru, riuscendo però a non fornire alcun documento.
Da una cima all’altra la protesta si è spostata a Bologna, dove nelle stesse ore altri compagni e compagne hanno occupato la Torre degli Asinelli. Una volta costretti a scendere dalla polizia, identificati e denunciati sul posto, si sono ricongiunti al nutrito gruppo di solidali e hanno raggiunto in corteo piazza Verdi, mandando in tilt il traffico.
Insomma un lunedì abbastanza acceso e spericolato per sostenere il ventesimo giorno di astinenza dal cibo di Silvia e Anna, e inconsapevolmente anche un modo per rispondere in prima battuta alla notizia che in quelle ore stava iniziando a circola tra amici e compagni: l’istanza fatta da Silvia per ottenere gli arresti domiciliari è stata rigettata. Le motivazioni sono perfettamente in linea con quanto già dispiegato negli ultimi anni dal Tribunale di Torino, in un’accozzaglia di parole sulla non idoneità dell’abitazione, sul dubbio circa le possibilità economiche della persona ospitante nel mantenere Silvia, sulla non evidente estraneità di quest’amica agli “ambienti anarchici” … insomma in un modo o nell’altro sempre a fare i conti in tasca alla gente. Spiccano tuttavia un paio di frasi nientemale che sottolineano ulteriormente il tenore del discorso: da un lato, come già espresso dal Tribunale del Riesame, pesa nella valutazione negativa il curriculum giudiziario di Silvia e in particolar modo la sua violazione del divieto di dimora, dall’altro proprio per questo il giudice lamenta “l’assenza di una dichiarazione favorevole al rispetto delle prescrizioni”. Quest’ultima infatti, quando è stata depositata l’istanza, aveva preteso che Silvia dichiarasse di rispettare i vincoli dei domiciliari, nel caso le fossero concessi. Una cosa mai vista, che tenta di obbligare a rilasciare delle dichiarazioni di fatto ininfluenti, per come funziona la procedura e considerando che è lei stessa a richiedere la misura meno afflittiva.
Il messaggio è chiaro, nessuna resipiscenza manifesta e attiva, nessuna misura alternativa.
Da dentro, dal carcere de L’Aquila, le notizie sulle stato di salute rassicurano. Al ventesimo giorno di sciopero della fame Silvia e Anna stanno bene, l’osservazione dell’amministrazione carceraria si fa più stretta attorno alla loro situazione. Infine, Stecco ha deciso di terminare lo sciopero mentre Marco e Alfredo continuano.