Il Capo, il servo, lo schiavo e le amanti
Lo sciopero di qualche giorno fa dei lavoratori Domino’s, il primo da quando la pizza americana è sbarcata sulla penisola, ha saputo mostrare un quadro dalle tinte forti e ben definite. I personaggi si sono susseguiti su un teatro di posa apparecchiato dalla lotta, un dramma consumato in un piano sequenza tra il grottesco e il fin troppo serio. Un quadro chiaro ma tutt’altro che immune dalla complessità che distingue il mondo del lavoro e che viene bene a galla quando è scosso dai fremiti, seppur a malapena accennati, del conflitto, di chi si batte per sé e per i propri bisogni senza più sottostare ai ritmi e ai limiti imposti dall’azienda.
Qui non si vuole raccontare in modo didascalico gli avvenimenti di sabato 29 e domenica 30, tutto sommato nulla di eccezionale e ben riportati dagli strumenti di comunicazione autonomi di questi lavoratori (per un riassunto dei comunicati, anche qualora non aveste facebook, ecco qua). Quanto piuttosto giocare con gli stessi personaggi che lo sciopero ha privato di ogni maschera e provare a tratteggiarne alcune caratteristiche che sono venute a galla, sotto l’occhio scrutatore di un compagno che partecipa a questa lotta. Nulla di assoluto o universale, ma comportamenti emersi dallo scontro diretto, dalle battutine sussurrate a margine o nei cori lanciati per strada, dalle assemblee e dagli sfoghi, dai tavoli di trattativa come dai tavolini dei bar un attimo prima e un attimo dopo, a sciogliere la tensione accumulata. Caratteristiche e comportamenti dei vari personaggi che potrebbero di nuovo ripresentarsi e dai quali si può trarre qualche indicazione utile per il futuro.
Il Capo
Il Capo ha mille nomi: CEO, Head of Operation, Amministratore Delegato, General Manager, padrone, ecc. Il Capo ha mille facce e sa bene quale scegliere all’occorrenza: severa, amichevole, falsamente interessata, realmente interessata, bramosa, preoccupata, ecc. Il Capo davanti a un imprevisto causato da malumori che esplodono dall’interno dell’azienda, quando inizia a perdere soldi, inizia anche a perdere la faccia e non sempre sa quale usare e come usarla: prima si incazza, poi ricatta, tenta di portare a casa il massimo risultato col minimo sforzo, poi ci ripensa, poi si rassegna, poi arriva e ti ascolta facendoti credere che anche tu…ultima ruota del carro, vali!
Il Capo fa promesse che può mantenere perché ha dalla sua l’economia, il calcolo, ma le richieste spesso sono anti-economiche, sopratutto se si vuole il meglio non solo per sé ma per tutte le ultime-ruote-del-carro. Allora il Capo cerca di piegare le richieste, nate dalle loro esigenze reali e materiali, ai suoi interessi ossia quelli dell’azienda. Fa credere loro che ogni cosa concessa è per loro ma perché è per l’azienda, per farla funzionare meglio … è per l’azienda ma perché è per loro, per valorizzarli a pieno. Infatti il Capo sa come funziona la macchina ma non interessa sapere com’è il lavoro. Così concederà loro sempre il minimo, cercherà sempre di dividere le ultime-ruote-del-carro accontentandone alcune e temporeggiando con altre … in vista di una crescita futura per tutti, ossia per chi dimostrerà di meritarlo.
Il Capo infine, prima di andarsene e prima di tornare ai suoi calcoli per capire il modo migliore per evitare il patatràc, ti ricorda una cosa molto importante: “Tu, schiavo, ogni volta che lavori e indossi quella divisa rappresenti il mio prodotto … per cui, sorridi!”
Lo schiavo
Lo schiavo la beve, la beve, la beve … e poi non beve più. Lo schiavo non ha nulla se non le sue catene, non può disporre liberamente delle proprie azioni: corre assetato quando c’è un briciolo di lavoro, se ne va a calci in culo quando il lavoro finisce in anticipo … e nel tempo libero pensa a come farà senza di esso. Lo schiavo la beve, la beve, la beve, ma quando non beve più ha un solo obiettivo: inceppare la macchina e nel tempo libero pensare a tutto quello che potrebbe fare senza di essa.
Però il Capo fa le sue promesse e la vita è agra, così si viene a compromessi e si accetta quel che si può. Ma quel che si può dipende anche dalla forza che si sprigiona, dal coraggio di osare, dalla voglia di usare tutto il tempo a disposizione per incontrare nuovi schiavi e invitarli a guardare la macchina con nuovi occhi, ostili, a dare sfogo a questa ostilità. Lo schiavo fa parlare i suoi bisogni e i suoi desideri, ma… attenzione, perché basta poco che sotto le lusinghe del padrone e la sua lingua adulatrice e biforcuta la forza che unisce i bisogni degli schiavi si trasformi in una nuova debolezza: quella di pensare solo a se stessi. Quando il Capo restringe l’offerta può costringere gli schiavi a pensare di salvarsi da soli, a portare a casa la pelle a discapito degli altri e nella peggiore delle ipotesi iniziare a parlare la lingua stessa del padrone. Perché anche dal più acerrimo schiavo può nascere un docile servo.
Il servo
Forse sarebbe meglio dire i servi, ne esistono tanti e di differenti gradazioni. Il servo più grande applica il calcolo del padrone, a volte severo a volte amichevole, in entrambi i casi punterà a spremere lo schiavo e a fargli fare ciò che vuole, che sia correre o andarsene. Il servo non dice mai la verità, ciò che pensa, e se lo dice ha lo stesso tono di quando mente. Il servo si smaschera solo nel momento del fastidio, quando il Capo inizia a perdere i soldi e vede la possibilità che gli faccia il culo!
Il servo minore lavora a testa bassa, si lamenta tra i denti ma non morde mai, condivide i mali di molti schiavi ma non si ribella per scelta, spesso sperando di cavalcare l’onda quando la forza degli schiavi si romperà contro gli scogli dei Capi. Il servo dice di comprendere lo schiavo ma poi sussurra parole di scoraggiamento, che tanto è inutile fare qualsiasi cosa, che il Capo non ha i soldi per soddisfare le esigenze degli schiavi, che è meglio pensare a se stessi. Il servetto si giustifica quando gli schiavi iniziano a dare fastidio, si appella alla libertà di continuare a lavorare, al diritto di avere idee diverse ma in fondo sa che in quel momento si sta schierando, sta prendendo posizione e con la sua “libertà” sta di fatto osteggiando le possibilità di vita degli schiavi ribelli.
Ma occhio a non cadere in errore, perché spesso un servo apparente è in realtà uno schiavo impaurito, ad esempio con una famiglia aggrappata a quel poco che ha da perdere. Infine per quanto si possa odiare un servo la vita è piena di sorprese, la lotta è una di queste e può regalare a un servo la voglia e la consapevolezza di diventare uno schiavo che inizia a ribellarsi, a patto di rompere evidentemente col suo passato e con la lingua dei padroni.
Le amanti
Le amanti lo fanno per passione, per amore, per solidarietà, per rafforzare se stesse, per odio verso tutti i Capi. Le amanti sono altri schiavi che si sono sollevati contro altrettanti padroni, sono persone che si battono contro svariate ingiustizie sociali, sono anime indomite che vorrebbero essere da stimolo per ogni schiavo sulla faccia della terra. Le amanti sono parenti, amici, compagne e compagni. Le amanti spesso e volentieri giungono a rafforzare le prime fasi della lotta, quando gli schiavi ribelli sono ancora pochi rispetto ai servi, quando serve un minimo numero per fare la differenza. Le amanti giungono in aiuto per mostrare una forza che sia in grado di incuriosire e spronare altri schiavi timorosi.
Alcune amanti sanno muoversi anche senza gli schiavi, senza preavviso compaiono gridano la propria solidarietà agli schiavi in faccia ai Capi e agli sgherri dei potenti e poi scompaiono per tornare poi di nuovo tutti assieme. Le amanti non fanno calcoli, a volte se ne stanno in disparte a fare presenza altre volte si lanciano per prime forti delle loro precedenti esperienze, con al speranza di essere seguite e superate dagli schiavi ribelli, e lanciarsi e rilanciarsi le une sugli altri come la spuma dell’onda.
Le fiabe del terzo millennio si chiamano business model e quello di Domino’s parla chiaro, fin dai primi colloqui: se sei uno schiavo puoi diventare un grande servo e forse addirittura un Capo. Ma il mondo ci piazza dove ci piazza, per mille schiavi uno diventerà un facoltoso e diligente servo, tutti gli altri resteranno schiavi. Iniziare a lottare significa volere e agire in senso estremamente contrario a questa filastrocca, significa far cadere tutte le maschere, da quella dei Capi a quella degli schiavi stessi. Significa far parlare la propria pancia e non più la testa dei padroni, trovare il proprio modo per descrivere ciò che si vuole veramente. Ma occorre anche stare molto attenti, perché se la lotta si esaurisce ogni personaggio è pronto a indossare nuovamente la propria maschera e il nostro quadro dalle tinte forti torna a offuscarsi in mille sfumature di grigio.