Una condanna esemplare
Dopo una settimana di attesa ieri è arrivata la sentenza di primo grado per Boba: “anni quattro”. Non abbiamo sentito la lettura del dispositivo di pena, ma non è difficile immaginare o ricordare il tono giuridichese, astratto e fetente, con cui il giudizio viene espresso nei gironi danteschi chiamati tribunali.
Il compagno era accusato dell’incendio divampato in un capannone al carcere delle Vallette di Torino l’11 febbraio 2019, in seguito a un saluto ai tanti compagni detenuti dopo lo sgombero dell’Asilo Occupato. Una vicenda da inserirsi nel solco delle vicende dell’operazione repressiva che ha riguardato via Alessandria 12, ma che soprattutto mostra nuove tattiche delle procure italiane: aprire indagini sulla solidarietà che si esprime intorno a grosse operazioni repressive, colpirla duramente; il caso di Boba infatti non è isolato ed è preceduto nel contesto torinese dai fogli di via dati ai compagni presenti in aula durante l’udienza di “Scripta Manent” e da più inchieste a livello nazionale contro chi mostra attivamente la propria vicinanza.
Per quanto riguarda l’andamento del processo vi proponiamo di seguito l’interessante intervista andata in onda durante ACAB su Radio Blackout all’avvocato Novaro, alcune considerazioni a caldo sulla sentenza e in attesa di poter leggere le motivazioni della condanna, riflessioni iniziali – certo – ma che gettano luce sul ruolo politico ormai spudoratamente esplicito della magistratura: