Identità paradossali
12 agosto. Da quando è entrato in vigore il nuovo “pacchetto sicurezza”, alla fine di luglio, moltissimi stranieri sono stati arrestati con l’accusa di aver fornito “false generalità” agli agenti che provavano ad indentificarli. Buona parte degli arrestati, però, sono clandestini e senza documenti – gente senza identità. E come può fare la Legge a riconoscerti addosso una falsa identità se è lei stessa a privarti di quella vera nel momento stesso in cui ti spinge nella condizione di clandestinità? Un paradosso radicale, senza dubbio. Talmente radicale da riuscire a disarmare un giudice torinese quando ha dovuto convalidare l’arresto di tre degli arrestati di questi giorni.
Al momento del fermo, infatti, i tre avevano declinato generalità differenti da quelle che sono poi risultate dalle loro impronte digitali. Ma le generalità appiccicate su quelle impronte erano altrettanto aleatorie di quelle dichiarate al momento del fermo – e di quelle, ancora differenti, appiccicate sopra ad altre impronte ancora.
Quale delle tante è la loro vera identità? Quale è quella falsa? Quando hanno mentito? E se, delle differenti identità sul tappeto, quella vera fosse proprio l’ultima, quella per la quale sono stati arrestati? – queste sono le domande che, a detta delle scandalizzate gazzette torinesi, si è posto il giudice. Che non ha potuto fare altro che scarcerare i tre, facendo andare su tutte le furie il Procuratore capo e, forse, anche un certo ministro degli Interni seduto sopra a lontanissime poltrone romane.