Nella tempesta
«L’acqua nerastra ormai spazzava senza tregua il ponte, e pesanti ondate colpivano le fiancate della nave come bordate sparate da una nave da guerra. La terra non si vedeva più, nascosta dalla pioggia che ci sferzava il volto come pallini di piombo, e non ci volle molto perché accadesse quel che doveva accadere. Precipitando nel cavo di un’onda che pareva sprofondare negli abissi, il timone perse la presa e la Lady Mary finì di traverso in balia dei marosi. Poi prese a rollare sempre più forte, più di quanto qualsiasi nave possa sopportare, e attraverso il rombo della tempesta, il fragore delle onde, il crepitio della pioggia e l’ululato del vento, sentimmo il primo schianto della zavorra che iniziava a spostarsi nella stiva.
«Bowles, quel miserabile uccello del malaugurio, gridò che era la fine e cadde di nuovo in ginocchio a mani giunte. Mi stavo già dirigendo verso l’albero maestro, afferrandomi come una scimmia al pavese dal lato sopravvento, quando vidi il capitano Wilkinson fare la stessa cosa dal lato sottovento, brandendo un’ascia. E lo vidi anche prendersi il tempo di alzarsi e con quell’ascia colpire Bowles in modo tale da farlo sparire fuori bordo, con le sue mani giunte e tutto il resto. Era quel che si meritava, pensai, e vidi che gli altri la pensavano come me. Non è giusto che chi si è già arreso debba trascinare con sé nell’abisso quelli che ancora lottano per la loro vita, tanto più nel nome di dio.»
Long John Silver