Dita \ 2
30 luglio. Nel pomeriggio, la prima e la quarta commissione del Consiglio comunale torinese stanno per discutere la proposta del fascista Ravello e del leghista Carossa di estendere a Torino il rilievo delle impronte digitali ai bambini rom. Poco prima che cominci a parlare Ravello un gruppo di antirazzisti sbuca in sala e srotola uno striscione. «Dai un dito a Maroni» – recita il lenzuolo, che per maggior chiarezza porta impressa l’immagine del dito in questione, che ovviamente è un dito medio. Eccolo in dettaglio.
Poi volantini e i piccoli flyer che seguono.
I consiglieri, in particolar modo quelli di centro destra, cominciano ad agitarsi e a sudare. Gridano invocando l’intervento delle forze dell’ordine, promettono schiaffi a destra e a manca, se la prendono con la presidente dell’assemblea che tarda a far intervenire le truppe contro i contestatori. Alla fine arrivano i vigili urbani, che sequestrano lo striscione, e la polizia, che accompagna gli antirazzisti alla porta.
Buttati fuori dal Palazzo gli antirazzisti continuano la loro protesta nelle vie del centro, volantinando ed esponendo un nuovo striscione – identico a quello appena sequestrato.
Anche senza contestatori, però, la tensione dentro al Palazzo rimane altra: Ghiglia e Revello sono ancora agitatissimi, in pochi minuti chiamano a raccolta gli amici coi quali chiedono, nell’ordine, la solidarietà di Chiamparino, le dimissioni di Castronovo, la dissoluzione di Rifondazione Comunista e l’intervento immediato della magistratura nei confronti degli antirazzisti. Poi, ancora schiumanti di rabbia, se ne vanno a casa. In sottofondo il suono di una sirena: è l’ambulanza arrivata in soccorso di un povero vigile urbano, svenuto – proprio come una signorina d’altri tempi – di fronte a tutto questo bailamme nel Palazzo più sacro della politica cittadina.
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il volantino distribuito
Dita
l’articolo di “La Repubblica”
l’articolo di “Cronacaqui”
l’articolo di “Il giornale del Piemonte”