Merce di scambio

Una lunga chiacchierata con un recluso del Cie di Ponte Galeria. Partendo da un episodio specifico – la storia allucinante di un aspirante rifugiato politico catturato a marzo e da quel momento sballottato tra il Centro di Roma e quello di Algeri senza che nessuno lo voglia né trattenere né liberare – si indagano le condizioni di vita dietro le sbarre, dove non puoi avere niente, neanche una penna per scrivere o un bicchiere di latte!, perché non sei nessuno. E poi le alterne vicende dell’accordo sui rimpatri con la Tunisia, e poi ancora l’entrata nel gioco delle espulsioni dell’Algeria.  Al centro, la lucida consapevolezza di essere prigionieri di Stato, merce di scambio nei rapporti tra i governi del Mediterraneo.

Ascolta l’intervista da Ponte Galeria:

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Il giorno successivo. Alla mattina, dopo un lungo viaggio, arriva alle porte del Centro il fratello di un recluso per un colloquio. Gli viene negato l’ingresso, e dentro la gente comincia a protestare con i crocerossini. Poi ci si organizza e, arrivata l’ora della terapia, tutti i reclusi della sezione entrano nel corridoio dell’infermeria e lo occupano: è l’ora della solidarietà, perché “siamo tutti clandestini”. Così il direttore del Centro è costretto ad intervenire, e ad autorizzare il colloquio proibito, anche se solo per un quarto d’ora. Intanto, dietro le sbarre, cominciano a diffondersi le voci riguardanti i cambiamenti prossimi dentro al Centro, ora che l’appalto alla Croce Rossa è scaduto e sta per subentrare un nuovo ente a gestirlo – insieme all’esercito.

Ascolta l’intervista:

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