Presidio contro la Lega

6 settembre. Un centinaio di persone manifesta contro Umberto Bossi, ospite alle festa della Lega Nord a Torino. All’inizio i manifestanti, ancora pochi, cercano di avvicinarsi il più possibile ai gazebo padani, ma la polizia, da subito nervosa, li respinge a due isolati di distanza con le buone prima e con le cattive poi, e vola anche qualche manganellata. Evidentemente gli ordini sono chiari: i leghisti e il loro capo supremo non devono vedere nessuna contestazione, anche a costo di bloccare per ore corso Raffaello. Le guardie padane, soddisfatte del lavoro dei loro dipendenti, accarezzano i loro fazzoletti verdi, e ritornano felici alle costine che avevano lasciato. Una volta acceso l’impianto, comincia la contestazione: musica fastidiosa, interventi di denuncia delle gravi responsibilità del Governo e della Lega per tutte le vittime del razzismo di Stato, striscioni, fumogeni, petardi, trombette, battiture dei pali, pisciate derisorie di fronte ai poliziotti. A un certo punto viene anche scovato Massimo Numa, il noto questurino in comodato d’uso gratuito al quotidiano La Stampa, coraggiosamente nascosto dentro a una Lancia Y grigia, che scappa sgommando. Durante il presidio arriva la notizia che tre compagni erano stati fermati, nel pomeriggio, all’interno del Borgo Medioevale. Avevano con sé «nr. 1 striscione in plastica di colore bianco dimensioni 5,60 x 1,40 mt, vergato con vernice nera la scritta Assassini, raffigurante i volti dei ministri Roberto Maroni e Umberto Bossi.» Trattenuti in questura per ore, denunciati per porto abusivo di arma improria, vale a dire un taglierino in tre, vengono rilasciati poco prima della fine del presidio. Quando tutti se ne vanno, rimangono sull’asfalto alcune inequivocabili scritte come “Lega assassina”, “Maroni carogna”, “Bossi merda”, “No ronde”, “Polizia fascista” e “Carossa un piede nella fossa”.