Incazzati neri
A Bologna, i reclusi del Centro sono incazzati neri. Lo sono da tempo, e ne hanno tutte le ragioni. Ieri, grazie ad un presidio organizzato oltre le mura dai compagni, hanno ripreso saldamente i contatti con fuori. E hanno pure preso coraggio: da questa mattina in cinquanta sono in sciopero della fame.
Ascoltate quante e quali cose aveva da urlarci in faccia questo pomeriggio Mohammed, che abbiamo sentito ai telefoni di Radio Blackout:
[audio:https://macerie.org/wp-content/uploads/2010/04/bologna-in-sciopero_mohammed.mp3]
E ascoltate come una compagna bolognese, questa mattina, ci descriveva la situazione:
[audio:https://macerie.org/wp-content/uploads/2010/04/la-situazione-a-bologna.mp3]
I prigionieri di Corelli, da parte loro, hanno accolto la notizia dello sciopero a Bologna con urla di gioia e di lotta. A un compagno del Comitato di Milano hanno dettato questo improvvisato “comunicato”:
«Vogliamo che tutti sappiano che la solidarietà tra i reclusi è sempre forte e presente, e vogliono poter comunicare con quelli di Bologna… Per noi che stiamo facendo questo sciopero della fame da un mese e mezzo è molto importante sapere che la lotta se allarga, e accogliamo con molto calore (anche se siamo rinchiusi in queste gabbie fredde), che sono altre 50 tra donne e uomini che lottano insieme noi per la chiusura di questi lager. Importante è lottare e non stare addormentati come vogliono loro. Un grande abbraccio a tutti gli scioperanti di Bologna.»
Aggiornamento ore 21,30. Un presidio è in corso in via Mattei, a Bologna, fuori dal Cie, in solidarietà con gli scioperanti. La situazione è molto calda e da dentro i reclusi si fanno sentire urlando e bruciando masserizie: via Mattei è piena di fumo…
Ascolta la diretta con una compagna bolognese dal presidio:
[audio:https://macerie.org/wp-content/uploads/2010/04/fumo-in-via-mattei.mp3]
Leggi come i solidali bolognesi hanno sintetizzato la situazione di via Mattei, aggiornata al presidio di oggi, e leggi gli aggiornamenti della notte.
Ieri, 16 aprile, durante un presidio sotto le mura del Cie di Bologna abbiamo raccolto alcuni racconti dai reclusi. Dall’impianto è stato mandato il numero a cui chiamarci e immediatamente sono arrivate diverse telefonate. Non è sempre così, a volte non riescono a sentirci perché non li fanno uscire all’aria oppure sono impegnati all’interno o, ancora, troppo sedati per restare in piedi e risponderci.
Chi non stava parlando al telefono con i solidali batteva forte contro le sbarre e urlava.
In questo momento sono rinchiusi soprattutto marocchini, tunisini e nigeriani, i sudamericani sono pochi e restano per brevissimo tempo. Le donne sono in maggioranza cinesi perché il loro paese non accoglie richieste di rimpatrio.
Il cibo, che è sempre una delle prime cose delle quali ci parlano, non solo è immangiabile ma adesso è anche sempre lo stesso a pranzo e a cena: soprattutto riso in bianco, anzi quasi solo quello. Non male per l’ente che gestisce il Centro, la Misericordia di Giovanardi, che incassa 72 euro al giorno per ogni recluso! La garante Desi Bruno ci diceva che il cibo era migliorato negli ultimi tempi, ma lei stessa faceva l’ipotesi che venisse preparato meglio in occasione delle sue visite. Da un ragazzo tunisino, che è rinchiuso da quattro mesi nonostante sia sposato con una donna italiana dal 2007 e che ogni giorno va a trovarlo, abbiamo avuto la conferma che non fanno entrare alcun genere di alimento. Da notare che il giudice gli ha rigettato la richiesta di liberazione permettendosi di dire che il matrimonio non è credibile sostenendo, tra le altre assurdità, che sono troppo giovani (25 anni lei, 26 lui). Manca poco che si infilino anche nelle camere da letto per vedere se due coniugi consumano davvero il matrimonio.
Un altro ci ha raccontato che il nervosismo, la tensione, sono alle stelle, non ce la fanno più a sopportare i soprusi e qualsiasi genere di cosa chiedano viene loro negata, non si degnano neppure di rispondere chiudendo loro le porte in faccia. Sono trattati con assoluta indifferenza, quando va bene. Si lamentava anche del fatto che tutti parlano ma nessuno fa niente, voleva sapere cosa stava accadendo a Roma e a Milano. Ricordiamo che ai Cie di Bologna e Modena gli psicofarmaci sono somministrati a grandi dosi partendo dalla prima colazione, li sentiamo addormentati in ogni momento della giornata.
Un recluso egiziano ci ha detto “noi siamo venuti qui senza armi ma veniamo accolti così mentre gli italiani le armi le portano eccome nel mondo”, “scusami – mi ha detto – ma avete proprio uno stato di merda”, “perché non provate a tornare per la seconda volta in America e vedete cosa succede se venite ricevuti come noi qui?”.
Alcuni altri, da un numero di cellulare collettivo, ci hanno fatto un appello per tornare a portare la nostra solidarietà in gran numero nel momento in cui decideranno di dare il via a iniziative di ribellione.
In serata ci hanno richiamato per farci sapere che una trentina di reclusi stavano decidendo di iniziare uno sciopero della fame.
La conferma dello sciopero ci è arrivata sabato intorno alle tre del pomeriggio.
Aggiornamento ore 2.00.
Un racconto della giornata, arrivato da Bologna:
Durante il presidio in solidarietà con i reclusi in sciopero della fame da questa mattina, dall’interno del Centro è salito un grande fumo che per più di un’ora ha circondato l’intero edificio. Prima avevamo riferito della solidarietà affettuosa giunta dal Cie di Milano, accolta con forti battiture. Molte le telefonate che ci raccontavano di una tensione molto alta e della necessità di far sapere più possibile all’esterno dello sciopero.
Siamo riusciti a fare entrare, con un po’ di pressioni, succhi di frutta per sostenere chi è in sciopero della fame e, dopo pochi minuti, abbiamo notato del fumo che usciva dal retro dell’edificio che si vede dalla strada. I contatti sono continuati fino a quando ci hanno detto che stava succedendo qualcosa di brutto e che ci avrebbero richiamati più tardi. La tensione è cresciuta anche all’esterno, i poliziotti hanno indossato i caschi e gli scudi e ci hanno accerchiati spintonando i compagni che tenevano uno striscione e quelli che stavano volantinando in mezzo alla strada. Hanno intimato di spegnere l’impianto mentre l’accerchiamento continuava a stringersi. Poco prima eravamo riusciti ad avvertire altri compagni in città e fuori per far girare la voce su quanto stava accadendo. Le radio locali pare abbiano poi trasmesso la notizia.
Abbiamo tentato di restare il più possibile prendendo tempo ma la sbirraglia non ci lasciava molta scelta e quindi, con un ultimo saluto ai reclusi e dopo averli informati della situazione, ci siamo allontanati.
Ora abbiamo saputo che dentro è “tornata la calma” e che nessuno è stato portato via. Aspettiamo altre notizie e daremo aggiornamenti. Da domani ci si organizzerà per continuare a portare sostegno sia con viveri che con iniziative.
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