Fare del bene
«Sono obbligato a gestire una situazione che supera ampiamente le mie capacità e la mia volontà. […] Credevamo, come associazione cattolica di poter essere in qualche modo di aiuto a questi infelici e di contribuire anche a un miglior quadro legislativo nei loro confronti. Ora assistiamo sbigottiti a una crescita incontenibile di violenze verbali e materiali che impongono scelte».
Come sapete, il “business umanitario” campa di mascheramenti ideologici, appalti sostanziosi e pacche sulle spalle. E così Daniele Giovanardi, il Governatore della Confraternita della Misericordia di Modena, qualche anno fa ha curato addirittura un opuscolo per giustificare da un punto di vista cattolico ben osservante gli affari che lui e i suoi uomini fanno gestendo i Cie emiliani. Dategli una occhiata e, più che nausea o sorpresa, proverete una specie di vertigine: la vertigine dello slittamento pauroso di senso, per cui posti circondati da sbarre (da dove non si può uscire e dove nessuno entra volontariamente ma solo trascinato a forza dalla Polizia) diventan luoghi dove rifugiarsi in cerca di “accoglienza, un letto e un pasto caldo” oppure dove… portare a termine gravidanze altrimenti difficoltose! Neanche menzogne, ma parole che divorziano dai propri significati e che se ne vanno in giro per il mondo a piantar confusione.
Fantasioso nella produzione ideologica, fortunato negli affari, Daniele Giovanardi ha avuto ultimamente qualche guaio con le pacche sulle spalle. Anche perché invece di pacche ogni tanto gli sono arrivate sberle: la più clamorosa è stata l’irruzione di dieci giorni fa dentro al Duomo di Modena di un gruppo di compagni che han voluto dimostrare di aver capito che a coprir la Misericordia e i suoi affari ci stanno anche gli apparati ecclesiali cittadini e che si può esser irrispettosi fino al punto di bussare pure a quella porta là. Spiazzato da questi sviluppi inattesi, Giovanardi ha passato una settimana intera a puntualizzare e a rassicurare, a scusarsi ed intanto pure ad accusare – fino a minacciare fittiziamente di gettare la spugna per difendere la sicurezza e il buon nome della curia cittadina.
Date una occhiata alla querelle modenese dell’ultima settimana su Scheggia.
Ascoltate la voce di questo recluso del Cie di Bologna, che ci racconta le condizioni di vita dentro al Cie gestito dalla Misericordia:
[audio:https://macerie.org/wp-content/uploads/2010/05/bologna-11-maggio.mp3]
Leggete il riassunto che fanno i compagni bolognesi della situazione in via Mattei degli ultimi giorni:
«Ieri, 10 maggio 2010, un gruppo di solidali con i reclusi del Cie di via Mattei a Bologna si è ritrovato sotto le mura per un Presidio con musica e interventi. La risposta è stata immediata, con battiture e urla. Nella prima telefonata ci hanno raccontato di un grande dispiegamento di forze di polizia all’interno già da alcune ore ma erano contenti della nostra presenza e ci ringraziavano collettivamente, con tante voci che si sovrapponevano per riuscire a comunicare tutti insieme. Confermano, non su richiesta nostra, che nel cibo mettono cose per addormentarli al mattino, a mezzogiorno e alla sera, che i sedativi li danno facilmente a chi li richiede ma i farmaci, anche quelli salva vita, no. Il cibo resta immangiabile e da fuori non si può fare entrare nulla. Ci sono ora 60 uomini e 30 donne internati nel Centro. I maltrattamenti sono quotidiani e nessuno ascolta i loro bisogni. Dallo steso numero di cellulare ci è arrivata un’altra telefonata molto interessante di un ragazzo che è in Italia da 4 anni, molto preparato su questioni legali. Ci ha raccontato che ora anche a Bologna i cellulari vengono requisiti in entrata, come a Modena, e che ne hanno “salvati” solo 4 o 5 che utilizzano insieme. Dice anche che oramai tutti sanno che dai Cie di Bologna e di Modena non si esce, non c’è tentativo che riesca, e non sta parlando di fughe. Parla di altri Cie dai quali, con ricorsi o certificati medici, qualche possibilità di venire rilasciato c’è, ma da Bologna e Modena mai. Questo lo mandiamo a dire, ovviamente farneticando (come da dichiarazione rilasciata dal “buon samaritano” Giovanardi su tutti i media possibili e immaginabili rispetto gli autori delle ultime, ripetute, iniziative contro la Misericordia e la Concerta, che fornisce i pasti nei suoi due Cie), a Giovanardi, che sostiene che al Cie di Modena si stia bene e si resti “solo” 59 giorni, e alla sua banda di svergognati profittatori della miseria altrui. Lo stesso ragazzo ci ha spiegato come mai nei Cie siano reclusi anche immigrati che hanno le carte in regola. Già da tempo ci avevano dato questa notizia, cioè che vengono rinchiusi anche quelli che hanno il permesso di soggiorno, ma la nostra spiegazione era che ovviamente i potenti e i loro servi fanno sempre quello che pare a loro e che non c’è mai da stupirsi troppo. Invece il meccanismo per incastrare anche i regolari esiste ed è questo: «Succedono cose strane – ripete più volte – vengono fermate persone che hanno il lavoro, che hanno i permessi ma se, quando cliccano sui loro computer, trovano traccia di un decreto di espulsione, anche del 2004 o 2005 già sotto indulto, li portano nel Cie. Hanno preso tanta gente con lavoro regolare, l’atro giorno anche una badante che era andata in questura per chiedere spiegazioni su qualcosa che non capiva, l’hanno mandata all’ufficio stranieri e da là portata al Cie proprio per un vecchio decreto di espulsione, indultato. Qui è pieno di cinesi in queste condizioni e anche di altri che non credevano di avere una situazione a rischio perché in possesso di permessi legali. Gli avvocati non riescono a difenderci ma so di una che è riuscita a far cancellare un vecchio decreto di espulsione». Raccontiamo questo passaggio perché pensiamo possa essere utile da diffondere anche in altre città, qui a Bologna e a Modena lo faremo nei prossimi giorni con presenze in città.»
Solidali con i reclusi
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