La settimana in corso Brunelleschi (e in via Corelli)
«Un sistema detentivo non può che portare all’esasperazione. L’impressione è che chi lavora con zelo nelle strutture di reclusione quali militari polizia carabinieri e finanza, ma anche tutte quelle figure attorno alle quali vertono quali consoli, questori, giudici e quant’altro, s’impegnino per rendere la vita sempre più difficile a tutte le persone definite “ospiti” degli alberghi a cinque stelle, come qualche ministro, tempo che fu, osò chiamare i lager per immigrati.
Due donne marocchine con regolare permesso di soggiorno sono tutt’ora detenute al Cie di Torino, sembra paradossale ma non é tutto. Ieri infatti, una di queste è stata portata all’aeroporto di Caselle, pronta per essere espulsa, caso vuole che non ci fossero aerei, ed è stata quindi riportata in corso Brunelleschi. Ovviamente nessuno si aspettava che cercassero di espellerla e lei stessa era convinta che l’avrebbero liberata. Non è stato così. Tutto questo alla luce del fatto che chi, esausto dell’accoglienza tutta italiana e delle sue strutture tanto ospitali e della sua popolazione proverbialmente caciarona e socievole, chiede di tornare al proprio paese è costretto a rimanere detenuto ad oltranza e a sopportare le prepotenze ed i capricci delle guardie e del console. Questa si chiama psicologia inversa.
Ma ancora non è tutto. Ieri l’ennesimo tentativo di fuga. Un uomo, per la seconda volta in una settimana, ha tentato di valicare il muro di cinta del Centro, e per la seconda volta ha ottenuto mazzate. Botte da orbi senza neanche essere portato all’ospedale, perchè un referto medico è prova del pestaggio, anche se una scappatoia le guardie la trovano sempre, se ti menano ti accusano di resistenza e più botte prendi più è giustificato il loro lavoro.
Ancora. Ieri sera, nel reparto trans di Via Corelli, a Milano, la polizia ha aggredito una detenuta, questa per protesta ha iniziato a tagliarsi con una lametta. Autolesionismo. Se non chè, al sopraggiungere delle compagne, questa, ormai in escandescenze, ha minacciato di tagliare chi le si avvicinasse, ed all’arrivo delle guardie ci ha provato anche con loro. Atti di autolesionismo tanto gravi non possono fare altro che svelare le terribili condizioni di reclusione e la profonda ingiustizia che vi è dietro al progetto di rinchiudere stranieri solo per una questione di provenienza geografica.»
(12 maggio 2008)