Triboniano, il giorno dopo

Tre racconti degli avvenimenti di Triboniano di ieri. Il primo trasmesso da Radio Onda Rossa proprio nel mezzo del casino, e gli altri due a bocce ferme questa mattina da Radio Blackout di Torino.

Quel che ne viene fuori non è tanto la sistematica crudeltà dei poliziotti e degli assessori meneghini, elemento questo già conosciuto, quanto la difficoltà delle istituzioni a soffocare la resistenza dei rom di Triboniano: resistenza alla “soluzione finale” pensata in Municipio; resistenza alle pressioni dei grossi gruppi imprenditoriali che vorrebbero speculare su quell’area; resistenza al “patto per la legalità” di chi vorrebbe gestire i campi; resistenza a chi vorrebbe dividere gli abitanti in lotta e separarli dai solidali – resistenza al “pacchetto sicurezza” e all’aria che tira, che di questi tempi è pesante.

Ascolta Fabio, che parla tra le cariche a Radio Onda Rossa:
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E poi Stefania, il giorno dopo:
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E poi ancora Fabio, che dettaglia il racconto e fa qualche valutazione:
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Dai una occhiata a questa piccola rassegna stampa: Milano, guerriglia al campo Rom Negato il corteo, i Rom insorgono Guerriglia al campo nomadi Guerriglia urbana al campo rom I rom hanno cacciato noi volontari da via Triboniano

E leggi il report fatto circolare dal Comitato antirazzista milanese, sempre presente al campo di Triboniano.

 

«La situazione è rimasta abbastanza tranquilla per tutto il giorno. La presenza della polizia all’ingresso del campo è continua.
Sappiamo che un abitante del campo, un settantenne duramente percosso ieri durante gli scontri, è in stato di arresto.
Nessuno riesce però a sapere nulla delle sue condizioni, né se attualmente si trova in carcere oppure in ospedale. Sono stati contattati degli avvocati affinché possano verificare la situazione.
Sin dalla mattinata agenti in borghese hanno tentato vari abboccamenti con alcuni rom proseguendo nello sfacciato tentativo di spaccare l’unità di intenti e di addossare la colpa di quanto accaduto alla “relazione pericolosa” con il Comitato antirazzista. L’avvertimento, senza mezzi termini, suonava così: “se uno sbaglia da solo, può sempre mordersi le mani, ma non è proprio il caso di sbagliare sulla scorta di consigli altrui…” (testuali parole). Peccato per lorsignori che queste parole non fossero indirizzate a degli imbecilli incapaci di intendere e di volere, bensì a coloro che, sottraendosi all’assoggettamento cui sono stati destinati (dai politici e dalla polizia, dalla Casa della Carità e da non pochi giornalisti), si sono fatti soggetti attivi, nei gesti e nelle
parole. Pochi quindi sembravano inclini a lasciarsi turbare da simili sirene incantatrici.
Ciò che risulta chiaro a tutti è che giovedì lo scontro fisico è stato cercato e voluto, in maniera deliberata e premeditata, dalle forze dell’ordine, in primo luogo dal gestore della piazza e da chi gli impartiva gli ordini. Un attacco studiato a tavolino quale applicazione del “diritto di punire” chi non si rassegna a piegare la testa in silenzio e ha l’ardire di volere determinare il proprio destino (da un lato, quindi, una rappresaglia per la resistenza allo sgombero di settimana scorsa, dall’altro la volontà di impedire una “visibilità” pubblica, nel centro città, di chi deve “scomparire” dal territorio milanese). Un attacco tuttavia di fronte al quale la resistenza è stata collettiva e determinata.
Ai manganelli hanno fatto seguito le menzogne. La più spudorata, quella di far credere che il presidio non era autorizzato.
Come abbiamo risposto alle cariche, rispondiamo ora alle menzogne: perciò abbiamo quindi deciso di rendere pubblico il fax inviato alla questura in data 17 maggio riguardo alla presenza dei rom sotto palazzo marino. Non lo facciamo per amore della legalità, ma solo perché ognuno possa ora vedere con i propri occhi come stanno le cose e verificare come non abbiano aspettato neanche il diradarsi del fumo dei lacrimogeni per alimentare le falsità su quanto stava accadendo.
Per gli amanti della legalità ci permettiamo nondimeno di ricordare quanto scritto sulla costituzione italiana:
Art. 16. della Costituzione. Ogni cittadino può circolare e soggiornare liberamente in qualsiasi parte del territorio nazionale, salvo le limitazioni che la legge stabilisce in via generale per motivi di sanità o di sicurezza. Nessuna restrizione può essere determinata da ragioni politiche. Ogni cittadino è libero di uscire dal territorio della Repubblica e di rientrarvi, salvo gli obblighi di legge.
Art. 17. I cittadini hanno diritto di riunirsi pacificamente e senz’armi. Per le riunioni, anche in luogo aperto al pubblico, non è richiesto preavviso. Delle riunioni in luogo pubblico deve essere dato preavviso alle autorità, che possono vietarle soltanto per comprovati motivi di sicurezza o di incolumità pubblica.

Detto questo riportiamo anche la proposta politica elaborata dai 4 campi di via triboniano che si sarebbe voluta portare al comune di Milano. Anche in questo caso ognuno può rendersi conto di come stanno veramente le cose.
Infine registriamo un buona notizia: alcuni giornali riportano il fatto che Don Colmegna e la Casa della Carità si sono scoperti infine come tutt’altro che benvenuti al campo di via Triboniano. Nulla di cui stupirsi: chi ha sempre sostenuto il famigerato patto di legalità (un dispositivo apertamente razzista, una legge speciale su base etnica imposta a suo tempo con l’inganno e le minacce), chi ha condotto negli anni un’opera continua di infantilizzazione dei rom, peraltro “gestendo” i cospicui fondi destinati alla risoluzione della loro condizione abitativa (svariati milioni di euro), chi solo alcune settimane fa si è prestato a quella che viene definita “mediazione” dove tra le tante proposte c’era anche quella di dare una buonuscita in euro per i rom disposti a andare via dall’Italia facendogli firmare un foglio dove dovevano dichiarare di non tornare più in Italia… come può illudersi di essere ancora il benvenuto?
Ultimissima considerazione: la saggezza popolare ci insegna che le bugie hanno le gambe corte…»

Comitato antirazzista milanese