Le marchette di Tosi

Verona, 24 giugno 2010«Temo che quelli del Pdl stiano diventando dei signornò, come certi comitati o come la sinistra: con la differenza che la sinistra, almeno, è coerente… ». Il leghista Fabio Venturi, chiamato in causa dagli assessori comunali del Pdl come presidente della Circoscrizione in cui si trova via Gelmetto, non ha affatto gradito le tesi degli «alleati» sul possibile arrivo in città del Cie. E replica a muso duro. «Non accetto questo modo di fare – dice – perche ci vuole un minimo di coerenza nel votare: a Roma come a Venezia, a Verona come in Borgo Roma. Comportandosi così finiscono per essere dei signornò come certi comitati o come la sinistra: abbiamo parlato di Isola Rizza e han detto no; abbiam parlato di Bovolone: no. Via Gelmetto e ancora no, no, no. Mi piacerebbe sentire la loro proposta concreta, per Verona o anche per il Veneto. La sinistra è più coerente visto che è sempre stata contro i Cie. Ma il Pdl…Forse dovrebbero chiamare Berlusconi, i loro ministri e i loro parlamentari e dirgli: “scusate, avete votato una cosa che a noi non piace”». Venturi è particolarmente arrabbiato per essere stato chiamato in causa come presidente della Circoscrizione: «Vedo – afferma – che si aggrappano al fatto che Borgo Roma ha già tanti problemi… Non vengano a dirlo a me che da 15 anni combatto su questi temi. Dicano piuttosto che non gli piace, o che vogliono rompere le scatole. Ma quel territorio io lo conosco meglio di molti di loro. I problemi ci sono, ma non è il Cie che li aumenta o diminuisce». Quanto all’ipotesi di via Gelmetto, «per me – assicura Venturi – è un posto che si presta. Magari verifichiamo meglio le distanze con le case che ci sono dietro, perché possono esserci dei problemi: ma potremmo anche risolverli non utilizzando una parte di quella struttura. E tra l’altro – conclude – il Pdl forse non lo sa ma attualmente quel deposito è utilizzato come arsenale, e non sarebbe quindi disponibile subito: vedremo se davvero il ministero vorrà andare lì.
Ma sia chiaro: il Pdl fa solo il gioco della sinistra, dicendo di no a priori». Intanto, da sinistra, scende in campo il Pd, con il consigliere provinciale Vincenzo D’Arienzo e l’ex assessore comunale Maria Luisa Albrigi. «Questa del Cie a Veron a – tuona D’Arienzo – è una marchetta che Tosi deve al suo amico Maroni: ma perché a pagarla devono essere i veronesi?». E poi le accuse: «Il Cie di Verona sarebbe di 350 posti, tra i più grandi d’Italia (il più grande ne conta 360, ndr). Creerebbe tensioni enormi in tutta l’area circostante: dove questi centri esistono, arrivano inevitabilmente associazioni di volontariato per assisterli, il che chiama altri clandestini, senza parlare dei famigliari dei futuri detenuti». Inoltre c’è il nodo sicurezza. «Per la sorveglianza – aggiunge – servono almeno 150 uomini: dove li prendono? Ammesso che arrivi qualche rinforzo, il resto dovrebbe essere tolto dalla sorveglianza del territorio. Si azzererebbe il valore delle case e degli esercizi pubblici della zona. Ci sarebbero tensioni enormi, anche per le prevedibili manifestazioni di protesta. E ricordatevi: tra gli ospiti dei Cie, solo un terzo viene espulso. Gli altri, dopo 6 mesi escono e la gran parte si stabilisce in zona». Albrigi aggiunge: «La Lega si vanta di ascoltare la gente: ma qui Tosi non ascolta neppure i suoi assessori del Pdl». D’Arienzo chiede riunioni «aperte» dei consigli comunale e provinciale (anche per una settimana o più, se serve) dove far parlare tutti gli interessati delle zone in discussione. Ieri mattina infine, a sorpresa, nessuno ha sollevato la questione nella riunione della giunta comunale. Due assessori pidiellini (Bertacco e Sboarina, estensori materiali del documento anti-Cie firmato poi dagli altri 6 colleghi) hanno incontrato Tosi prima della riunione su altri temi. Solo una battuta (entrando, quando hanno detto «permesso… cie il sindaco?») poi s’è preferito parlare d’altro . Ieri sera, infine, riunione a Roma del gruppo leghista con Maroni: per parlare anche di Cie. Ma senza decisioni concrete, per il momento.

(Corriere del Veneto)


Lillo Aldegheri

24 giugno 2010