Giudici e tratti di penna
11 agosto. Breve visita di un gruppo di nemici della deportazioni, in mattinata, negli uffici dei Giudici di Pace di Torino, nel mezzo del quartiere delle Vallette, in solidarietà con Ngom. Scritte dentro al corridoio d’entrata («Giudici complici delle espulsioni», «Fuoco ai Cie»), volantini sparpagliati e uno striscione sull’esterno: «Stop deportazioni». Da quel che si sa, il gruppo si è allontanato indisturbato. Ecco il volantino lasciato negli uffici:
«Proprio domani, un Giudice di Pace di La Spezia deciderà della sorte di Ngom, la donna che, dopo dodici anni passati in Italia a far la badante, è stata rinchiusa nel Cie di Bologna e ora rischia di essere rimpatriata a forza in Senegal dove la aspetta il marito violento dal quale era riuscita a fuggire dodici anni fa.
Una storia in mezzo alle mille altre che gli occhi del Giudice spiano svogliatamente un giorno dopo l’altro, tra una chiacchiera coi colleghi e un panino al bar. Storie tutte uguali, che il Giudice si fa pagare a peso a fine mese: un tratto di penna e c’è un pur provvisorio lieto fine, e per davvero qualcuno ogni tanto il Giudice lo traccia. Ma per quasi tutte le storie il tratto di penna è quello sbagliato. Come per Faith che poche settimane fa un Giudice di Pace di Bologna ha consegnato alla Nigeria e che ora rischia di essere impiccata, accusata di aver ucciso per difendersi da uno stupro. Come per Sabri, che un giudice di Torino ha condannato a sei mesi di prigione per senza-documenti e alla fine alla deportazione – nonostante la sua lotta coraggiosa e determinata del mese passato. Come per Mohammed, che si è ucciso in carcere per non tornare nel Centro dove un Giudice di Pace l’aveva fatto rinchiudere perché i suoi documenti non erano abbastanza per meritarsi la libertà. Come per Diego a Milano, o Salah e Nabruka a Roma. O come per Hassan, morto per mancanza di cure dentro al Centro per senza-documenti di corso Bruelleschi, a Torino.
Dei giudici, dei tratti di penna: la macchina delle espulsioni che avanza e trita storie e vite. Ora, in mezzo, ci siamo anche noi.
Libertà per Ngom!- Libertà per tutti! Fuoco ai Cie!»