Cibo, igiene, strutture Maroni si interessi della vita nei centri

Roma, 19 agosto 2010Ha detto il ministro Roberto Maroni a Palermo: «Gli sbarchi di clandestini, dal 1 agosto 2009 al 31 luglio 2010, sono diminuiti dell’88%, passando da 29.000 a 3.499». Tutto questo, grazie al pattugliamento del Mediterraneo svolto in cooperazione con le truppe libiche. Si chiede Maroni: perché non prendere a modello l’accordo tra Italia e Libia, che ha da poco compiuto un anno, e siglare intese simili, per esempio con la Grecia e la Turchia? Le coste dell’Adriatico, infatti, hanno registrato negli ultimi mesi un incremento degli sbarchi mostrando sia il cambiamento delle rotte, delle nazionalità e della composizione (molte donne e bambini) dei migranti, sia la debolezza delle politiche di lotta alla clandestinità dell’attuale governo. Ma i fallimenti, a quanto pare, non finiscono qui. Alcuni «ospiti» dei Cie di Gorizia, Milano e Brindisi, tra il 15 e il 16 agosto, si sono dati alla fuga. Questi fatti non sono una novità: uomini e donne che si ribellano per l’inadeguatezza delle strutture; per la scarsa igiene; per la somministrazione, a volte nel cibo, di psicofarmaci; per il prolungamento della permanenza da due a sei mesi che fa somigliare quel trattenimento sempre più a una forma di detenzione. Non è una questione da poco: quello che accade all’interno dei centri, le condizioni di vita e i diritti da garantire, dovrebbero interessare il ministro Maroni almeno tanto quanto gli accordi di amicizia con altri stati per evitare gli sbarchi. Investe molto, il governo, nella prevenzione – che si risolve, però, quasi solo nella politica dei respingimenti – ma questo non lo solleva dall’obbligo di occuparsi di chi, da quel «controllo preventivo», è riuscito a sottrarsi per cercare un’opportunità in Italia.

(l’Unità)