L’uragano

Dal Belgio, vi traduciamo alcuni brani dal numero unico “l’ouragan”, brani che inquadrano e descrivono bene la lotta contro la costruzione del nuovo centro per senza-documenti di Steenokkerzeel, nei pressi di Bruxelles. Da leggere e meditare.

l’ouragan

 

Contro la costruzione di un nuovo Centro

Ai primi di maggio del 2009, lo Stato ha cominciato la costruzione di un nuovo centro di detenzione nei dintorni di Bruxelles. Sorgerà giusto a lato di un altro Centro: il 127bis di Steenokkerzeel. Da quel giorno è partita la lotta. Una lotta che non vuole soltanto impedire la costruzione del Centro, ma che mette anche le prigioni, le frontiere e gli Stati nel mirino. Perché i Centri non sono tanto un “caso a parte”, ma uno degli strumenti attraverso i quali questo sistema cerca di garantirsi la sopravvivenza.

La lotta contro i Centri in Belgio non è nata ieri. È da più di dieci anni che c’è gente che si batte in maniere anche diverse per far sparire questi lager. Dentro ai Centri scoppiano molte rivolte. Lo Stato allora ha ritenuto cosa prudente ricoprire con una fitta cortina fumogena la costruzione di questo nuovo centro di detenzione: presentandolo come cosa che non interessa a nessuno, che non illumina in nulla la società nella quale viviamo, che non è una prigione ma un semplice “centro d’accoglienza”. Un primo obiettivo di questa lotta era, ed è tutt’ora, rompere questa cortina fumogena. Bisogna anche sapere che l’Ufficio degli Stranieri, la struttura federale che gestisce i Centri e le espulsioni dei senza-documenti, evita di lasciare filtrare troppe informazioni rispetto alle rivolte nei Centri. In questa maniera cercano di isolare quelli che si ribellano contro le espulsioni e tentano di evitare che la solidarietà si metta in marcia; una solidarietà che avrebbe come punto di partenza non una carità qualsiasi, ma un reciproco riconoscimento nella rivolta.
In questi ultimi mesi, numerosi volantini contro i centri di detenzione sono stati distribuiti tutti gli angoli del Belgio; i muri delle città sono stati ricoperti di manifesti e di slogan e, a più riprese, la gente ha fatto passeggiate con volantini e vernice in mano nelle strade dei quartieri di Bruxelles. Questa agitazione ha tentato di rompere il silenzio e di situare l’esistenza dei Centri in una prospettiva più ampia. Perché un centro di detenzione non è soltanto il filo spinato, ma fa parte di una macchina più complessa che rende possibile l’espulsione di chi lo Stato considera “indesiderabile”. Dalle imprese che costruiscono e gestiscono i Centri (come Besix, Valens, Michiels NV., Fabricom, Dalkia, gli architetti Bontinck…), a quelle che forniscono i servizi (come ISS Cleaning, La Banque de la Poste, Sodexo Catering) fino alle persone e alle istituzioni responsabili della politica dell’immigrazione (tutti i partiti politici, la polizia, la Fedasil che si occupa della “accoglienza” e della “selezione” dei richiedenti asilo, i trasporti pubblici e i servizi di controllo sociale come l’Ispettorato del Lavoro, che collaborano alle retate dei senza-documenti). In questi ultimi mesi questi ingranaggi sono stati disturbati, attaccati e sabotati in molte maniere. Secondo alcune fonti, più di un centinaio di piccole azioni modeste e anonime avrebbero avuto luogo contro la macchina delle espulsioni.
Ora, la grande sfida di questa lotta è quella di trovare una maniera di continuare ad andare avanti, di dare coraggio a tutti quelli che vogliono distruggere i lager delle deportazioni. La forza di questa lotta è che non conta che sulle proprie forze, senza e contro i partiti, senza elemosinare comprensione presso i politici o i giornalisti. È una lotta dal basso e il suo terreno principale è la strada. Questa lotta deve permettere di ritrovarsi proprio , sulla strada; di discutere e ravvivare la rivolta, tanto individuale che collettiva. E così ci avvicineremo poco a poco, passo dopo passo, a quello che vogliamo: distruggere con le nostre stesse mani i Centri, liberare tutti, per parlare in questa maniera di un altro mondo, di un mondo di libertà.

 

Sabotaggio dei cantieri

In differenti luoghi e momenti (come il 15 luglio a Diegem o il 12 maggio ad Anversa), dei macchinari della Besix o della Valens sono stati sabotati. Queste due imprese non riempiono solo le città di torri di uffici, ma stanno costruendo anche il nuovo centro di detenzione. Dei cavi sono stati tagliati, dei vetri rotti e del materiale di costruzione danneggiato. Il 5 giugno, a Liegi, dove la Valens sta costruendo il nuovo tribunale, il cantiere è stato parzialmente incendiato e uno slogan è stato dipinto sui muri: «Fuoco alle prigioni». O ancora, come nel novembre del 2009 quando un escavatore, un gruppo elettrogeno e del materiale da costruzione in un cantiere della Besix lungo una ferrovia sono stati incendiati.

 

Occasioni

Nei giorni di Natale degli sconosciuti hanno preso in ostaggio la statuina di Gesù che si trovava nella greppia del Presepe per chiedere il blocco della costruzione del centro per senza-documenti e la distruzione di tutte le prigioni. Poco tempo dopo, a Bruxelles, decine di distributori di biglietti degli autobus sono stati sabotati con della colla o con della schiuma espansa, mentre degli adesivi facevano riferimento alla lotta contro i Centri e contro le prigioni. Nel novembre del 2009, un dibattito sull’immigrazione che si teneva durante il “Festival delle Libertà” è stato disturbato da parte di chi preferisce agire in prima persona contro ciò che soffoca la libertà piuttosto che farne delle divagazioni in compagnia di politici e specialisti – lontani dalla mischia. Fine giugno: l’estate è cominciata in maniera combattiva, quando decine di persone hanno occupato per un giorno intero il cantiere del nuovo Centro di Steenokkerzeel.

 

Nella strada

Nel novembre del 2009, più di centocinquanta persone hanno partecipato ad una manifestazione selvaggia contro i centri per senza-documenti e tutte le galere, percorrendo le strade di Anderlecht, Molenbeek et Bruxelles. Lungo il percorso, hanno distribuito volantini e ridipinto qualche veicolo delle ditte collaborazioniste. La sera precedente il corteo, il commissariato di Anderlecht era stato incendiato da alcune decine di giovani, che protestavano contro le torture dei detenuti nelle prigioni di Bruxelles da parte dei secondini e dei poliziotti. In differenti occasioni, decine di persone sono scese nelle strade dei quartieri di Bruxelles per distribuire volantini, dipingere slogan sui muri e incollare manifesti.

 

Visite…

Nell’ottobre del 2009, alcune decine di persone mascherate hanno fatto una breve visita agli uffici della Besix a Sint-Denijs-Westrem, visto che questa impresa sta costruendo il nuovo Centro. Hanno devastato gli interni, danneggiato gli uffici con vernice e roba marcia e dipinto slogan contro i Centri. Nel febbraio del 2010, il funzionamento della mensa dell’Università di Bruxelles, gestita dalla Sodexo (che fa i suoi affari rifornendo pure i centri per senza-documenti) è stato disturbato: un gruppo di persone si è impadronito di una parte del cibo e ha rovinato quello che avanzava, urlando slogan contro la collaborazione della Sodexo e lasciando sul posto un volantino esplicativo. In precedenza, a Bruxelles, degli sconosciuti avevano rotto tutti i vetri della sede centrale di questa azienda.

 

Fuoco alla macchina delle espulsioni

In questi ultimi mesi, molti veicoli e macchinari delle aziende che collaborano con le espulsioni sono stati bruciati. Per esempio, il 17 marzo nel cantiere Besix della Business School di Bruxelles, ma anche il 9 novembre 2009 quando un camioncino di Valens è stato incendiato a Berchem-Sainte-Agathe o ancora il 16 luglio a Gand, dove un camioncino della Iss Cleaning è finito in cenere. Alla fine dell’anno, quattro gru e vari escavatori della Valens sono stati incendiati. E qualche mese più tardi, un incendio da Michiels NV a Heist-op-den-Berg ha distrutto un escavatore, una gru ed un hangar.

 

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Contre la construction d’un nouveau centre fermé à Steenokkerzeel

Début mai 2009, l’Etat a commencé la construction d’un nouveau centre fermé près de Bruxelles. Il se trouvera juste à côté d’un autre centre : le 127bis de Steenokkerzeel. Depuis, une lutte est en route. Une lutte qui ne veut pas seulement empêcher cette construction, mais qui place aussi les prisons, les frontières et les Etats dans sa ligne de mire. Car les centres fermés ne sont pas tellement « un cas à part », mais bien un des instruments à travers lequel ce système essaye d’assurer sa survie.
La lutte contre les centres fermés en Belgique ne date pas d’hier. Depuis plus de dix ans, des gens se battent de différentes manières pour faire disparaître ces camps. A l’intérieur des centres, beaucoup de révoltes éclatent. L’Etat a donc jugé prudent d’envelopper la construction du nouveau centre fermé dans un rideau de fumée : en le présentant comme quelque chose dont personne n’a rien à foutre, qui ne dirait rien sur la société dans laquelle on vit, qui ne serait pas une prison mais un simple « centre d’accueil ». Un premier objectif de cette lutte était, et est encore, de rompre ce rideau de fer. Il faut aussi savoir que l’Office des Etrangers, l’instance fédérale qui gère les centres fermés et les expulsions des sans-papiers, évite de laisser filtrer trop d’informations par rapport aux révoltes et aux mutineries qui ont lieu dans les centres. Par là, ils essayent d’isoler ceux qui se révoltent contre les expulsions et tentent d’éviter qu’une solidarité se mette en route ; une solidarité qui prendrait comme point de départ non une charité quelconque, mais une reconnaissance réciproque dans la révolte.
Ces derniers mois, de nombreux tracts contre les centres fermés ont été distribués en différents endroits de la Belgique ; les murs des villes ont été recouverts d’affiches et de slogans et, à plusieurs reprises, des gens ont déambulé, tracts et peinture à la main, dans les rues des quartiers bruxellois. Cette agitation a tenté de rompre le silence et de placer l’existence des centres fermés dans une perspective plus large. Car un centre fermé n’est pas seulement un tas de barbelés, mais fait partie de toute une machinerie qui rend possible l’expulsion de ceux que l’Etat considère comme des « indésirables ». Depuis les entreprises qui construisent et gèrent les centres (comme Besix, Valens, Michiels NV., Fabricom, Dalkia, les architectes Bontinck,..), celles qui y fournissent des services (comme ISS Cleaning, La Banque de la Poste, Sodexo Catering) jusqu’aux personnes et institutions responsables de la politique d’immigration (tous les partis politiques, la police, l’instance Fédéral FEDASIL qui s’occupe de l’« accueil » des demandeurs d’asile et en facilite la « sélection », les transports en communs et les services de contrôle social comme l’Inspection du Travail qui collaborent aux rafles des de sans-papiers). Ces derniers mois, ces rouages ont souvent été harcelés, attaqués et sabotés de différentes manières. Selon certaines sources, plus d’une centaine de ces petites actions modestes et anonymes auraient eu lieu à l’encontre de la machine à expulser.
Maintenant, le grand défi de cette lutte est de trouver une manière de continuer à aller de l’avant, de donner du courage à tous ceux qui veulent détruire les camps de déportations. La force de cette lutte est qu’elle ne compte que sur ses propres forces, sans et contre les partis politiques, sans quémander de compréhension auprès des politiciens ou des journalistes. C’est une lutte d’en bas et son terrain principal est la rue. Cette lutte doit permettre de se retrouver là, dans la rue ; de discuter et de raviver la révolte, tant individuelle que collective. Et alors, nous nous rapprocherons petit à petit, pas à pas, de ce que nous voulons : raser de nos propres mains les centres fermés, libérer tout le monde et parler ainsi d’un autre monde, d’un monde de liberté.

 

 

Sabotages sur des chantiers

A différents moments et endroits (comme le 16 juillet à Diegem ou le 12 mai à Anvers), des engins de chantiers appartenant à Besix ou à Valens ont été sabotés. Ces deux entreprises n’érigent pas seulement partout dans les villes des tours de bureaux, mais construisent aussi le nouveau centre fermé. Des câbles ont été coupés, des vitres brisées et du matériel de construction endommagé. Le 5 juin, à Liège, où Valens construit un nouveau palais de jus?? ce, le chantier a été partiellement incendié et un slogan a été peint sur les murs « Feu aux prisons ». Ou encore, comme en novembre 2009, quand, une excavatrice un groupe électrogène et du matériel de construction sur un chantier de Besix au long d’une voie ferrée ont été incendiés.

 

Des occasions

Autour de Noël, des inconnus ont pris en otage la statue de Jésus qui se trouvait dans une crèche pour revendiquer l’arrêt de la construction du nouveau centre fermé et la destruction on de toutes les prisons. Un peu avant, à Bruxelles, des dizaines de machines de vente de ticket de la STIB ont été sabotées avec de la colle et de la mousse expansive tandis que des autocollants faisaient référence à la lutte contre les centres fermés et les prisons. En novembre 2009, un débat à propos de l’immigration dans le cadre du « Festival des Libertés » a été légèrement perturbé par des gens qui préfèrent agir eux-mêmes contre ce qui étouffe la liberté que d’en radoter avec des politiciens et des spécialistes – loin de la mêlée. Fin juin, les mois d’été ont été commencés de manière combattive quand des dizaines de personnes ont occupé pendant un jour le chantier du nouveau centre fermé à Steenokkerzeel.

 

Dans la rue

En novembre 2009, plus de 150 personnes sont parties en manifestation non-autorisée contre les centres fermés et toutes les prisons pour parcourir les rues d’Anderlecht, de Molenbeek et de Bruxelles. Tout au long du trajet, ils ont distribué des tracts et repeint quelques véhicules d’entreprises collaboratrices des centres fermés. La veille de la manif, le commissariat d’Anderlecht avait été incendié par des dizaines de jeunes en réaction aux tortures des détenus dans les prisons bruxelloises par des matons et des policiers.
A différentes occasions, des dizaines de personnes sont descendues dans les rues des quartiers bruxellois pour distribuer des tracts, peindre des slogans et coller des affiches.

 

 

Des visites…

En octobre 2009, des dizaines de gens cagoulés ont visité rapidement les bureaux de Besix à Sint-Denijs-Westrem, car cette entreprise construit le nouveau centre fermé. Ils ont ravagé l’intérieur, endommagé les bureaux avec de la peinture et de la pourriture et peint des slogans contre les centres fermés.
En février 2010, la cantine de l’Université bruxelloise tenue par Sodexo (qui se fait du fric sur l’approvisionnement des centres fermés) a été perturbée : un groupe de personnes s’est emparé d’une parti e de la nourriture et a pourri ce qui restait ; ils gueulaient des slogans contre la collaboration de Sodexo en laissant sur place un tract explicatif. Précédemment, à Bruxelles, des inconnus avaient cassé toutes les vitres du siège principal de cette entreprise.

 

Feu à la machine à expulser

Ces derniers mois, beaucoup de véhicules et d’engins d’entreprises et d’institutions collaboratrices ont été brûlés. Ce fut le cas, le 17 mars sur le chantier Besix du Business School à Bruxelles, mais aussi le 9 novembre 2009 quand une camionnette de Valens a été incendiée à Berchem-Sainte-Agathe ou encore le 16 juillet à Gand où une camionnette de ISS Cleaning est partie en flamme. A la fi n de l’année, quatre grues et plusieurs excavatrices de Valens ont été incendiées. Et quelques mois plus tard, un incendie chez Michiels NV à Heist-op-den-Berg a ravagé une excavatrice, une grue et un hangar.