I desideri del Ministro

Chi con la gamba ingessata, chi in sedia a rotelle, chi con ferite vistose: così si sono presentati questa mattina nell’aula del Tribunale di Cagliari gli 11 senza-documenti arrestati ieri durante la sommossa di Elmas. Arresti convalidati, ovviamente, imputati riportati al Centro, processo rimandato di soli quattro giorni perché gli avvocati possano prepararsi e nulla osta per l’espulsione già concesso dal giudice non appena il primo grado di giudizio sarà terminato – questo almeno stando ai lanci di agenzia. In fretta in fretta, in modo da garantire una pronta deportazione e compiacere così i desideri di un certo ministro.

Ascolta un racconto della rivolta e dell’intervento dei solidali all’aeroporto fatto ieri sera da un compagno sardo ai microfoni di Radio Onda Rossa di Roma:

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E leggi il resoconto della giornata scritto dal gruppo di compagni presenti all’aeroporto.

Aggiornamento 13 ottobre. A quanto riportano le agenzie di stampa, settanta dei protagonisti della rivolta dell’altro giorno sono stati trasferiti in mattinata verso i Cie in continente. Qualcuno di loro potrebbe essere arrivato pure a Torino: un gruppo di compagni questo pomeriggio è andato a dare una occhiata a Caselle, senza scoprir nulla di preciso in proposito ma cogliendo l’occasione per parlar male dei Cie ai viaggiatori in coda, con volantini, striscioni e speakeraggio.

Ieri, intorno alle 14.00, è scoppiata la terza rivolta al CSPA di Elmas negli ultimi dieci giorni.

I migranti rinchiusi nel lager hanno inizialmente preso possesso della palazzina, poi alcuni di loro si sono diretti verso le piste di atterraggio/decollo dell’adiacente aeroporto civile, altri hanno “occupato” lo stabile, altri ancora hanno tentato la via della fuga.
Le forze del disordine sono intervenute in massa in tutti e tre gli ambiti: elicotteri e carabinieri a setacciare i canneti nei pressi dell’aeroporto alla ricerca dei fuggitivi, la celere con manganelli e lacrimogeni a ristabilire la violenza e la paura consuete nel CSPA; nel frattempo erano già state sospese partenze e arrivi e dirottati su altri aeroporti (Alghero e Olbia) gli aerei più prossimi all’arrivo. L’aeroporto è stato riaperto verso le 17.00 quando sono state liberatre le piste ed è stata riportata la “calma” nel lager.
Il bilancio di tutto questo è di nessuna fuga andata a buon fine, un numero imprecisato di contusi e intossicati ed 11 arresti (per i presunti responsabili dei disordini) convalidati questa mattina dal magistrato, che ha inoltre concesso il nulla osta per l’espulsione dei “rivoltosi” dal territorio dello stato subito dopo il processo, fissato per il 16 ottobre.
La risposta antirazzista è stata una volta tanto tempestiva. Appresa la notizia della rivolta in tempo reale, due piccoli gruppi si sono diretti verso la zona, uno verso i cancelli della zona militare al cui interno si trova il CSPA, l’altro verso l’aeroporto civile.
I primi, resisi conto dell’impossibilità di avvicinarsi ulteriormente alla zona calda, dopo un po’ hanno deciso di seguire alcune delle numerose ambulanze che partivano d’urgenza verso gli ospedali di Cagliari nella speranza di vedere qualcosa o, meglio ancora, di intervenire o prendere contatti.
Il secondo gruppo ha inscenato un piccolo presidio di solidarietà all’interno dell’aeroporto civile, nella zona più affollata delle code per i rimborsi dei biglietti. Srotolato uno striscione con la scritta “libertà per i migranti”, è stato letto un breve comunicato di solidarietà alla rivolta e di condanna alle politiche xenofobe e fasciste dei governi europei in materia di immigrazione. Dopo un primo approccio di incuriosito silenzio, un gruppo di viaggiatori rimasti a terra ha cominciato a inveire contro i compagni che hanno allora iniziato a scandire slogan.
Fra fischi, insulti e qualche applauso, i quattro manifestanti sono stati raggiunti da una decina di agenti della polaria, portati nella “caserma” dell’aeroporto e lì trattenuti per circa due ore.
Ci sono due aspetti che vogliamo sottolineare.
Il primo, è la parvenza di un maggior contenuto politico nella rivolta e anche di una maggiore organizzazione rispetto alle precedenti, probabilmente perchè la terza in dieci giorni, cosa che si può evincere da vari fattori. L’orario ad esempio: l’ultima rivolta era avvenuta di notte, quando l’aeroporto è chiuso, perdendo molto in disturbo e risonanza, mentre questa volta c’è stato il tentativo sia di bloccare l’aeroporto che di occupare l’edificio del CSPA, forse nel tentativo di spezzare quel silenzio che circonda la reclusione nei lager – viste le esperienze di passate rivolte, più incentrate a permettere la fuga dei reclusi, spesso andate male sia per la localizzazione del CSPA (in territorio militare) sia per le difficoltà che si incontrano nel lasciare la Sardegna.
L’altro è la necessità di offrire una solidarietà concreta, che tenti di agire nelle contingenze e che continui a rilanciare la lotta antirazzista in questa società che sembra invece avere ormai il razzismo nel sangue, come dimostrano alcune frasi sentite sia all’aeroporto durante la protesta che all’ospedale all’arrivo dei ragazzi del CSPA.

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