Prescrizioni
Per il presidio del 19 febbraio alle 16.30 davanti alle mura del Cie di Bologna in via Mattei, la questura ha imposto una distanza di 200 metri dall’entrata del centro e il divieto di amplificazione e dell’uso del megafono. A seguire e in allegato uno dei volantini che verrà distribuito per spiegare la situazione. L’appuntamento viene mantenuto e il ritrovo sarà al semaforo con Via Due Madonne. Ancora più necessaria una numerosa partecipazione.
Rompiamo questo rivoltante silenzio
Oggi, 19 febbraio 2011, era previsto un presidio davanti alle mura del Centro di Identificazione ed Espulsione di Bologna. La polizia ha dato il divieto di avvicinarci, imponendo una distanza di almeno 200 metri, e di utilizzare amplificazione e megafono al fine di impedire la comunicazione con l’interno. Ricordiamo che questi centri di reclusione per immigrati senza permesso di soggiorno non sono prigioni per cui i provvedimenti restrittivi dipendono da una decisione della questura e non da regolamenti carcerari. La paura del collegamento tra chi è internato e chi porta solidarietà dall’esterno è alta.
Evidentemente nel Cie di Bologna sta succedendo qualcosa che noi non dobbiamo sapere. Non si deve dare la possibilità di farci raccontare da chi sta dentro quali sono le condizioni attuali di detenzione ma soprattutto se è in corso una qualche forma di ribellione a una carcerazione di classe, razzista e sadica. Le donne e gli uomini rinchiusi in questi lager della democrazia hanno la colpa di essere dei proletari in cerca di una vita diversa, in fuga dalle guerre che noi occidentali abbiamo portato nelle loro terre di origine e dalle devastazioni che i predatori di risorse provocano nei loro paesi, hanno la colpa di non essere né ricchi né potenti ma solo disperati.
Le coste del mediterraneo sono in fiamme, là hanno saputo e sanno ribellarsi alla sopraffazione e questo preoccupa tantissimo i governanti al di qua del mare. Ora si ritrovano dentro i Cie gente arrabbiata e con rinnovata forza che viene loro dall’eco di quanto accade nelle città dalle quali provengono dove in tanti, pur rischiando la morte, si buttano con coraggio nelle piazze per cacciare via quelli che da sempre li affamano e li umiliano. Hanno paura che dentro i Cie la rivolta dilaghi sull’onda dell’entusiasmo di quanto sta accadendo e mai sia che si crei un’unione tra loro e i solidali fuori dalle mura.
La loro lotta è la nostra e non solo perché ci disgusta che esistano luoghi di reclusione come questi ma perchè il mondo che li incarcera è lo stesso che depriva le nostre vite ogni giorno con sfruttamento sul lavoro, con controlli esasperati sui nostri movimenti e con un immiserimento di rapporti tutti esclusivamente orientati al calcolo, al profitto, al mercato (che sia di merci o di uomini e donne ormai non fa differenza).
Siamo qui nonostante le restrizioni per far sapere a chi passa che in via Mattei c’è un Lager e che dentro la tensione alla libertà non si placa mai anche se l’indifferenza di tanti grava su di loro.
La infame politica di rinchiudere gli immigrati in questi lager viene decisa da pochi ma è il silenzio dei tanti che la rende possibile.
Liberi tutti, libere tutte!!
Anarchici e anarchiche