Palermo
«Mimmo dentro la camera mortuaria del civio di Palermo a vedere Noureddine non c’è voluto andare. Perché ha avuto paura di vedergli il volto carbonizzato dalle fiamme. Paura che quelle immagini di morte si sovrapponessero per sempre nei suoi ricordi alle immagini dei sorrisi di Noureddine e dei suoi occhi pieni di vita e di sogni. I sogni di un ragazzo di 27 anni partito appena diciottenne, nel lontano 2002, carico di aspettative e responsabilità, deciso a lavorare sodo in Italia per farsi carico dei sette fratelli e dei genitori.
Oggi Noureddine Adnane, Franco per gli italiani, non c’è più. La sua salma è sulla via del ritorno per Ben Ahmed. Arriverà in Marocco tra oggi e domani per il funerale. Ad attenderlo, nove anni dopo la sua partenza, ci saranno la moglie Atika, una ragazza di 21 anni, e sua figlia, la piccola Khadija, di due anni e mezzo. Chi spiegherà alla bambina che cosa è davvero successo al papà?
I fatti risalgono allo scorso 10 febbraio. Noureddine come ogni giorno ha allestito la propria bancarella mobile davanti al bar Massaro, in via Basile, nella zona universitaria. Ha i documenti in regola, sia il permesso di soggiorno che la licenza per la bancarella. Ma è in apprensione perché la settimana precedente ha già avuto quattro verbali dei vigili urbani. E infatti anche quel giorno si ripresentano, intorno alle tre del pomeriggio. Gli ripetono lo stesse cose, che non può stare fermo per più di un’ora nello stesso posto e che deve continuamente spostarsi di almeno 500 metri.
Raccontano i parenti e gli amici che a quel punto i vigili avrebbero disposto il sequestro di parte della merce, giocattoli, fazzoletti, guanti. In quel momento Noureddine inizia a dare in escandescenza, lascia i propri documenti ai vigili, si allontana e ritorna poco dopo con una bottiglia di benzina che si cosparge addosso sui vestiti minacciando di bruciarsi con l’accendino in mano. Non è chiaro a quel punto cosa succede. Se i vigili lo tranquillizzano o se invece infieriscono su di lui. Non ci sono testimoni per ora. Solo i video delle telecamere a circuito chiuso del bar Massaro, che intanto sono state acquisite dall’autorità giudiziaria, che con tutta probabilità aprirà un’inchiesta per istigazione al suicidio.
Dal canto loro i vigili hanno negato di avere sequestrato la merce di Noureddine, e hanno sottolineato il fatto che uno dei due vigili sia prontamente intervenuto con la propria giacca per tentare di spegnere le fiamme sul corpo di Noureddine.
Ma tra i marocchini all’obitorio dell’ospedale civico di Palermo circolano versioni diverse. I vigili hanno una pessima reputazione. Le vessazioni dei vigili contro gli ambulanti marocchini a Palermo negli ultimi mesi si sono fatte sentire in modo crescente. Soprattutto da parte di due vigili. I loro nomi circolano sulle bocche di tutti. In particolare quello del vigile che si fa chiamare Bruce Lee, già militante di Forza Nuova, segni particolari di riconoscimento: una svastica tatuata sul braccio.
Ci sarebbe lui dietro l’accanimento contro il povero Noureddine Adnane, che con la sua bancarella tentava di guadagnarsi da vivere? Sarà la magistratura a fare le sue indagini. Noi intanto abbiamo trovato un’altra storia. Ce l’ha raccontata un altro venditore ambulante, di cui preferiamo mantener l’anonimato per sicurezza.
I fatti risalgono al gennaio scorso. Questo ragazzo, con permesso e licenza registrata, sta vendendo delle borse in prossimità di un popolare mercato di Palermo. Si avvicinano i due vigili di cui sopra e fanno per portarlo via. Lui si oppone mostrando loro i documenti. Insiste che controllino i documenti, che è tutto in regola, ma i due lo forzano a entrare in macchina. Lui rifiuta con tutte le forze, allora lo immobilizzano a terra e gli sbattono la testa sull’asfalto, ferendolo. A quel punto lo ammanettano, gli sequestrano la merce e lo caricano in auto diretti al commissariato San Lorenzo, nell’indifferenza generale dei passanti. Una volta arrivati in commissariato, lo trattengono per 24 ore, senza acqua né cibo. Lo tengono ammanettato, in una stanza. Sono 4 poliziotti e gli stessi due vigili. Uno a un certo punto gli dà uno schiaffone e lo butta a terra, mentre gli altri si scaraventano su di lui con calci e pugni, gli sputano in faccia dicendogli “monnezza!”. Il giorno dopo, ai suoi danni si apre un processo per contraffazione e resistenza a pubblico ufficiale, per il quale rischia il ritiro del permesso di soggiorno.
Da quelle accuse si difenderà in tribunale. Ma intanto oggi è venuto alla manifestazione in solidarietà con Noureddine. Lui a Palermo vive da 5 anni, con il padre che sta in Italia da una vita. Insieme agli altri marocchini del corteo, oggi chiede giustizia. Sono alcune centinaia in corteo da piazza Politeama, con gli studenti e il movimento del forum antirazzista. Tutti in solidarietà con la famiglia di Noureddine. È lui il martire della giornata. In Tunisia una storia molto simile alla sua ha funzionato da detonatore per la rivoluzione. In Italia è molto verosimile che non ci sia nessuna rivoluzione e che la vita di Noureddine sia stata sacrificata per niente. Ma in fondo, dipende solo da noi.»