Frutti

I primi frutti, in termini di libertà, delle sommosse di Gradisca della settimana appena terminata si stanno già facendo sentire. Già sabato 32 prigionieri erano stati liberati in sordina per alleggerire la pressione sulla struttura, scatenando le ire dei sindacati di polizia che avevano equiparato – giustamente! – ogni liberazione ad una ammissione di fallimento del sistema dei Cie. Ieri poi – e lo apprendiamo dai quotidiani locali di oggi – era prevista la liberazione di un’altra ventina di reclusi, saltata all’ultimo per un intervento del Viminale. E proprio contro il Viminale si stanno scagliando i sindacati di Polizia della Provincia, sempre più imbufaliti: ci ha lasciati soli – dicono in sostanza -negandoci sia i rinforzi per tenere a bada i prigionieri ammassati in un Centro semidistrutto che la disponibilità a trasferire i reclusi altrove.

Oggi, invece, dopo una notte passata ammucchiati nelle stanze comuni insieme agli altri prigionieri, a sette ragazzi è stata annunciata l’imminente liberazione. Ora sono in guardiola ad aspettare: vedremo se si verranno liberati veramente.

Leggi i primi articoli della stampa locale sul collasso del Cie isontino.

Nuova rivolta al Cie di Gradisca che è quasi del tutto inagibile
Gli ospiti hanno appiccato incendi in sei delle sette stanze rimaste utilizzabili. La Prefettura di Gorizia ha inviato una richiesta ufficiale di aiuto al ministero dell’Interno

Il Cie (Centro di identificazione ed espulsione) di Gradisca d’Isonzo è al collasso. A mettere definitivamente al tappeto la struttura isontina sono stati gli incendi appiccati dagli immigrati nel primo pomeriggio di ieri, quando tra le 13 e le 14 sono state date alle fiamme sei delle sette stanze rimaste ancora agibili dopo i disordini delle ultime due settimane. Un’azione palesemente mirata quella degli “ospiti” del centro, che negli ultimi cinque giorni hanno incendiato (bruciando materassi e suppellettili varie) sedici stanze del complesso, dove al momento risulta agibile una sola camerata, a regime standard predisposta per ospitare 8 letti.

Un’inezia a fronte dei 105 immigrati clandestini attualmente rinchiusi nella struttura, tanto da costringere la Prefettura di Gorizia a inviare nel pomeriggio di ieri una richiesta d’aiuto ufficiale al ministero dell’Interno, precisando la «situazione di assoluta criticità e il concreto rischio di collasso in cui versa il Cie».
«Resta agibile una sola stanza, salvata in tempo dai vigili del fuoco – hanno confermato ieri dalla Prefettura del capoluogo isontino –. Lo stato d’emergenza era scattato già venerdì sera, quando a seguito di altri incendi erano rimaste 7 le stanze funzionali, con una capacità standard di 56 posti, per ospitare 135 immigrati. Molti avevano passato la notte a terra, in sistemazione d’emergenza, ma ora, con una sola stanza agibile e una capienza di 105 persone, la situazione è al limite del drammatico. Gli spazi per ospitare gli immigrati, seppur in alloggi di fortuna come corridoi e locali normalmente adibiti ad altre funzioni, materialmente ci sono ma è evidente che può trattarsi di una soluzione temporanea, impraticabile nell’arco di più giorni. In merito a possibili trasferimenti di immigrati dal Cie di Gradisca, invece, al momento non ci sono comunicazioni ufficiali, stanotte (ieri, ndr ) sicuramente resteranno tutti nella struttura, non c’è disponibilità di posti negli altri centri italiani».

Il Carnevale ad alta tensione nel Cie di Gradisca è cominciato già nella tarda mattinata di ieri, quando il previsto rilascio di una ventina di immigrati (dopo che sabato 32 erano stati fatti uscire con il foglio di via, l’invito ad abbandonare il Paese entro 5 giorni) disposto dalla Questura goriziana è stato bloccato dal Dipartimento di pubblica sicurezza del Viminale. Un mancato rilascio che ha immediatamente fatto esplodere la tensione nella struttura, dove poco dopo le 13 sono cominciati i disordini, sfociati nell’incendio.
Inutile l’intervento dei vigili del fuoco di Gorizia, che non hanno potuto far altro che provvedere alla messa in sicurezza della struttura e dichiarare l’inagibilità delle sei stanze. Nel corso dell’incendio, con alte colonne di fumo che per un’ora si sono elevate sopra il Centro per immigrati isontino, non si sono registrati casi di intossicamento o feriti.

Da Il Messaggero Veneto Online

 

5 incendi in un mese: chiuso il Cie di Gradisca, agibile solo una stanza
Ospiti da alloggiare altrove, la Prefettura si rivolge al ministero. Bruciati materassi, chiesta riduzione della capienza del centro

Il Cie (Centro di identificazione ed espulsione) di Gradisca d’Isonzo (Gorizia) è chiuso, non può ricevere altri ospiti e deve sistemare altrove il centinaio di immigrati che vi sono alloggiati. Ieri l’ennesimo incendio appiccato da nordafricani ha danneggiato le ultime stanze rimaste agibili. Di agibile ne è rimasta solo una e gli extracomunitari, tutti nordafricani, hanno passato la notte alla meno peggio sistemati nelle zone comuni. Lo conferma la Prefettura di Gorizia, che attende disposizioni ministeriali dopo aver già segnalato nei giorni scorsi la grave situazione che si è creata a Gradisca.

Quello di ieri è infatti il quinto incendio nell’arco di una trentina di giorni: il primo risale al 28 gennaio, il secondo a metà febbraio, a seguire quelli di giovedì e venerdì scorso e infine le fiamme di ieri. I nordafricani hanno incendiato i materassi, poiché nelle camerate non vi sono praticamente altre suppellettili e ora non si sa nemmeno come farli dormire. La Prefettura di Gorizia aveva già chiesto al Ministero una riduzione della capienza del Cie, sia per gli incendi sia per la ristrutturazione dei locali in corso, ma ora la situazione è divenuta esplosiva. Il problema è che anche gli altri Cie del Paese sono tutti pieni e non si sa dove sistemare gli extracomunitari di Gradisca.

Il Gazzettino

 

Il Sap: Centro abbandonato dal Viminale

Il febbraio “caldo” al Cie di Gradisca è cominciato sabato 12, quando l’arrivo da Lampedusa di una cinquantina di immigrati tunisini (30 dei quali chiesero immediatamente asilo politico) provocò un’immediata escalation di tensione, sfociata lunedì 14 nell’incendio di tre stanze. Martedì 22 nuovi disordini e l’inizio di una settimana di fuoco, proseguita giovedì con l’incendio di sette stanze e l’arresto di 5 clandestini. Venerdì nuovi disordini, culiminati con l’incendio di altre quattro stanze.
Sull’escalation di tensione nella struttura isontina è intervenuto ieri il segretario provinciale del Sap (Sindacato autonomo di Polizia) di Gorizia, Angelo Obit. «Vista la grave situazione il questore, che nel frattempo non aveva ottenuto rinforzi dal Dipartimento e nemmeno disponibilità di posti in altri Cie – ha detto Obit –, sabato aveva suo malgrado deciso di dimettere dal Centro, con intimazione a lasciare l’Italia, i soggetti giudicati meno pericolosi. Era l’unica possibilità per continuare a trattenere gli altri. Ieri ne dovevano essere dimessi altri 20 ma è arrivato l’altolà del Dipartimento. Così si è alzata la tensione e sono state bruciate altre sei stanze. Se l’Europa ha abbandonato l’Italia il Dipartimento ha abbandonato Gradisca e il questore. La totale solidarietà del Sap va agli operatori e al questore al quale non va attribuita alcuna responsabilità»

da Il Messaggero Veneto

 

Rivolta al Cie di Gradisca
Il Centro è ormai inagibile L’ennesima protesta è scoppiata dopo lo stop al rilascio di 20 immigrati Sabato ne erano usciti 30. Il Sap: «Resta una sola stanza per cento ospiti»

 

I rivoltosi hanno vinto: il Cie è definitivamente al collasso. Una settimana di rivolte ha portato ieri ad un epilogo grottesco, inimmaginabile: la struttura di massima sicurezza da 17 milioni di euro non è più agibile. Smontata pezzo dopo pezzo dalla furia degli ospiti. Ora, dopo l’incendio di altre 6 stanze, all’ex Polonio è allarme-sovraffollamento. A salvarsi dall’ennesima sommossa, scoppiata alle 14 di ieri, è stata una sola camerata da 8 posti sita nella zona rossa. Sono invece 105 i clandestini ospitati in via Udine: hanno trascorso la notte negli spazi comuni, sistemati alla bell’e meglio a terra, nei corridoi. Una sistemazione di fortuna che fa del Cie una polveriera pronta ad esplodere in qualsiasi istante. Febbrili in queste ore i contatti fra la Prefettura goriziana ed il Viminale per capire come gestire la situazione. Esclusi, almeno ieri, trasferimenti in altri Cie della penisola, dove del resto non sta neppure uno spillo. Stando alle indiscrezioni, il casus belli sarebbe scaturito da una decisione del Ministero dell’Interno, che domenica pomeriggio avrebbe congelato l’operazione di svuotamento avviata il giorno prima dalla Questura. Si era concretizzata nel rilascio (tramite foglio di via e obbligo di lasciare il Paese) di 30 immigrati ritenuti non pericolosi. Un’operazione di alleggerimento che ieri mattina avrebbe dovuto rimettere in libertà altri 20 clandestini, riportando il Cie sotto le 100 unità. Poi il dietrofront. E la situazione è deflagrata con la ribellione dei migranti che già riassaporavano la libertà. Durissimo il commento del Sap, sindacato autonomo di polizia. «Il Cie di fatto non esiste più – denuncia il segretario Angelo Obit – In cinque anni sono stati distrutti tutti i sistemi di sicurezza, la mensa, i dispositivi di vigilanza, mai ripristinati. Questa settimana invece è stata completata l’opera con la progressiva devastazione delle camerate». La situazione secondo il Sap è diventata senza uscita quando da Lampedusa sono stati trasferiti 50 tunisini. Da allora un’escalation di incendi «sistematica, quasi studiata: i migranti sapevano perfettamente quali erano le criticità del Cie». Ieri il collasso, nonostante il piano di svuotamento appena avviato. Vista la grave situazione il questore Piovesana («che nel frattempo non ha ottenuto rinforzi e nemmeno disponibilità di posti in altri Cie» precisa Obit) aveva infatti deciso di dimettere i 30 soggetti meno “a rischio” con intimazione a lasciare il Paese. «Era l’unica possibilità per continuare a trattenere gli altri» spiega il Sap. Ieri avrebbero dovuto esserne dimessi altri 20, ma è arrivato l’altolà del Dipartimento per l’Immigrazione. Ed è stato il collasso.

da Il Piccolo

 

 

Gradisca : le centre de rétention en ruines

suite aux révoltes incendiaires de ces derniers jours

 

Après un mois de révoltes, de matelas brûlés, de sabotages et de dommages matériels, les retenus du CIE (Centre d’Identification et d’Expulsion) de Gradisca (Gorizia) sont littéralement arrivés à démolir leurs cages. Le centre avait déjà été rendu inutilisable par de nombreuses émeutes depuis son ouverture il y a cinq ans, au point que moins de la moitié de l’établissement était effectivement opérationnel. L’arrivée des jeunes ayant vécu les dernières révolutions au Maghreb a fait exploser la poudrière.

Depuis une semaine, les incendies étaient devenus le quotidien de la révolte. Le 27 février surgissait le cinquième incendie en moins de 30 jours : le premier remontait au 28 janvier, le second au 14 février avec l’arrivée de 50 Tunisiens de Lampedusa (trois cellules incendiées), et les trois derniers lors de la semaine enflammée qui a débuté mardi 22 février (sept cellules incendiées le 24 février, quatre autres le lendemain). Pierre par pierre, mur par mur, les sans-papiers ont donc détruit progressivement toutes les cellules (16 en tout). La police a essayé plusieurs fois de contrôler la situation, cinq sans-papiers ont été incarcérés, mais au bout d’un moment la situation devenue ingérable. Le Sap, syndicat de keufs a commenté ainsi la situation : “Le centre de rétention de fait n’existe plus. En cinq années ont été détruits tous les systèmes de sécurité, le réfectoire, les dispositifs de surveillance, jamais réparés. Cette semaine, le boulot s’est terminé avec la destruction successive des chambres.” Selon lui, la situation est devenue ingérable lorsque 50 Tunisiens ont été transférés de Lampedusa. Depuis lors, s’est produite une escalade d’incendies “systématiques, quasi étudiée : les migrants savaient parfaitement quelles étaient les failles du centre de rétention“.

Hier, il ne restait plus qu’une cellule avec 8 lits pour plus de 105 détenus, les immigrés ont dû s’arranger pour dormir dans les espaces communs. Le centre n’existe plus.

Et, bien que l’Etat essaye de le cacher, la destruction de la structure porte ses fruits ! Hier, trente-deux sans-papiers ont été remis en liberté, le ministère de l’Intérieur a bloqué in extremis la libération d’une autre vingtaine de rétenus, mais ce matin on a annoncé à sept d’entre eux la libération immédiate (avec une obligation de quitter le territoire). Quant aux transferts vers d’autres centres italiens, il n’en est pas question pour l’instant, tant ils sont déjà pleins eux-mêmes, et surtout à capacité réduite vu les révoltes de ces deux dernières années qui ont détruit les places disponibles…

da Cettesemaine