Una visita all’Eni
22 marzo. Alle nove del mattino, una quindicina di persone ha fatto irruzione negli uffici dell’Eni di corso Palermo, a Torino. Muniti di un volantino, uno striscione e un megafono hanno ricordato il ruolo dell’Eni in Libia, la sua complicità prima con Gheddafi e la sua repressione che le hanno garantito lo sfruttamento delle risorse energetiche, poi con la coalizione Usa, Francia, Gran Bretagna, Canada e Italia che attraverso l’intervento “umanitario” intende garantirsi una buona fetta di gas e petrolio nel prossimo futuro. Una chiara risposta al presente: finché non riusciremo a convincervi a farvi avvelenare con il nucleare è guerra aperta per accaparrarsi le rimanenti risorse del pianeta, in questo caso delle ex colonie.
Poi, bloccando il traffico, hanno scritto con la calce sulla strada davanti all’edificio: “Eni complice di guerre e sfruttamento”.
Inutile dire che gli agenti della Digos hanno fatto la loro abituale figura barbina. Accorsi sul posto, si son rovesciati il secchio di calce sui vestiti nel tentativo di sequestrarlo a chi lo reggeva e poi, presi dall’ira, hanno dato vita ad un inseguimento per mezza Porta Palazzo. Fermati alcuni compagni, li hanno portati in Commissariato e li han trattenuti lì per ore provando a montar le carte per degli arresti: nonostante i lunghi sforzi, però, non ci sono riusciti ed hanno dovuto rimettere tutti in libertà.
Qui di seguito un passaggio del volantino:
«Né l’Eni né i governi si fanno alcun problema “di coscienza”, e le vicende libiche di questo mese ne sono un esempio lampante. Prima Gheddafi era il migliore alleato, quello con cui fare quei trattati di amicizia che- in cambio di intrallazzi economici (tra cui l’ingresso dell’Eni in Libia) che arricchiscono gli sfruttatori da un lato all’altro del mediterraneo- hanno sancito l’esternalizzazione della difesa della frontiera italiana tramite pattugliamenti congiunti Italo-libici e la costruzione di centri di detenzione per migranti che dalle testimonianze risultano essere lager dove uomini e soprattutto donne vengono torturati Ora che la situazione è precipitata […] il governo italiano ha voltato le spalle al vecchio alleato e socio in affari, pur di garantire la propria presenza nel paese e le proprie quote di mercato.[…] L’Eni: un cane da guardia a sei zampe pronto a cambiare il padrone da difendere pur di preservare il proprio osso fatto di gas e petrolio.»
Ascolta l’intervento trasmesso da Radio Blackout:
[audio:https://macerie.org/wp-content/uploads/2011/03/rbo-22032011-eni-torino.mp3]
Mardi 22 mars, vers 9h du matin, une quinzaine de personnes a fait irruption dans les bureaux de l’ENI, corso Palermo, à Turin.
Munis d’un tract, d’une banderole et d’un mégaphone, ils ont rappelé le rôle de l’ENI en Libye, sa complicité avec Khadafi et sa répression, qui lui ont garanti l’exploitation des ressources énergétiques ; puis celui de la coalition Usa, France, Grande Bretagne, Canada et Italie qui à travers l’intervention “humanitaire” entend se tailler une bonne part de gaz et de pétrole dans un futur proche. Il s’agit d’une claire réponse au présent : tant que nous ne réussirons pas à vous convaincre de vous faire empoisonner avec le nucléaire, ce sera une guerre ouverte pour nous accaparer les dernières ressources de la planète, dans ce cas-ci d’une ex-colonie.
Puis, en bloquant la circulation, ils ont écrit à la chaux devant le bâtiment : “ENI complice de guerre et d’exploitation”. (…)
D’un côté à l’autre de la Méditerranée, contre les exploiteurs, aux côtés des révoltés !