Vetri rotti e banche etiche
Mauro Maurino deve essere proprio in difficoltà. Il ministero degli Interni è in ritardo nel pagamento per i suoi servigi come amministratore di Cie, i suoi dipendenti vogliono gli arretrati e sono sul piede di guerra, i reclusi (che in guerra ci sono già) si ribellano e distruggono il suo bel Centro, il suo consorzio sta rischiando di perdere l’appalto di Gradisca, e gli anarchici gli spaccano le palle. Ce lo immaginiamo sull’orlo di una crisi di nervi trascinarsi in banca a chiedere in ginocchio almeno un prestito per pagarsi i vetri rotti dell’ufficio:
– Vi prego, mi basterebbero cinquanta euro, ma non ho nemmeno quelli!
– Guarda Mauro, sei già in rosso, non possiamo proprio darti neanche un centesimo…
– Allora sono rovinato…
– Ma se proprio vuoi, un bel comunicato di solidarietà non ci costa niente.
E a Maurino non sembra vero. Perché la sua banca non è una banca come le altre. Non è mica Intesa-SanPaolo, che è specializzata in investimenti in armi. Non è mica l’UniCredit, che è immanicata con Gheddafi. No, la sua banca è… la “BancaEtica”! E se lo appoggia lei, sembrerà di sicuro meno stronzo.
E allora vai di comunicato, da sventolare bene in vista sul sito di Connecting People, dove lo abbiamo trovato: «Come riportato dal quotidiano “La Stampa” domenica 20 marzo, la sede del consorzio di via Lulli a Torino è stata oggetto di atti di vandalismo e Mauro Maurino, ex presidente del consorzio ed attuale amministratore di Connecting People, ha subito una nuova intimidazione personale. Banca Etica esprime la sua solidarietà al dott. Maurino e a tutti i lavoratori del Consorzio Kairos (CGM) e, indipendentemente dalla visione di ciascuno sulla complessa e delicata vicenda dei Cie, condanna l’uso della violenza e dell’intimidazione – quindi dell’illegalità – come strumento di affermazione della propria visione politica e sociale. La costruzione di percorsi di miglioramento sociale non può prescindere da un dialogo costruttivo.»
Probabilmente, la cosa più interessante di questo comunicato sono le tre lettere scritte tra parentesi: “ci-gi-emme”. Sigla che sta per “Consorzio Gino Mattarelli”. Cgm, in particolare attraverso la sua società CgmFinance, è una sorta di agenzia finanziaria della ConfCooperative. Il legame tra Cgm e Connecting People è noto da anni: «grazie a Cgm, Connecting People può contare su diversi istituti bancari, da Intesa San Paolo al circuito delle Banche di credito cooperativo, cosicché perfino il ritardo cronico dei pagamenti pubblici non diventa un problema» (da “Connecting Lager“, Carta, 22/10/2009). Quello che sino ad ora invece nessuno sapeva, è che la stessa BancaEtica partecipa (come un’Intesa-SanPaolo qualsiasi) a CgmFinance, cioè possiede una parte del suo capitale: una miseria, per carità, poco meno di 9000 euro, poco meno dell’1 per cento. Ma questa piccola quota potrebbe costituire un grosso problema etico. Perlomeno per qualche risparmiatore che potrebbe sentirsi abbindolato.
Innanzitutto, questo legame tra Banca Etica e Connecting People getta una luce diversa sulla “solidarietà” dalla prima verso l’amministratore della seconda. Solidarietà probabilmente generosa, ma senza dubbio tutt’altro che disinteressata, visto che i due soggetti sono soci in affari. Ma BancaEtica ha evidentemente dei problemi ad ammettere questa partnership, visto che si nasconde dietro a un «indipendentemente dalla visione di ciascuno sulla complessa e delicata vicenda dei Cie». Messa così, sembrerebbe quasi che BancaEtica non sia d’accordo con l’esistenza dei Centri. E invece la “complessa e delicata vicenda dei Cie” dipende, in parte, anche da BancaEtica. E una quota di capitale è qualcosa di più concreto di una “visione”. E piuttosto che condannare severamente «l’uso della violenza e dell’intimidazione – quindi dell’illegalità – come strumento di affermazione della propria visione politica e sociale», BancaEtica dovrebbe ammettere sinceramente che essa finanzia l’uso della violenza e dell’intimidazione – sanciti dalla legge – nell’affermazione delle politiche di reclusione degli immigrati senza documenti.
E qui, veniamo al cuore della questione. Cosa diavolo vuol dire essere una “banca etica”? “Etica” vuol dire rifiutarsi di investire in armi, ma accettare di investire in lager? Ma contro i “clandestini” non è in atto una vera e propria guerra? “Etica” vuol dire un limite massimo alla partecipazione azionaria? Ma, a questo punto, BancaEtica non potrebbe investire senza problemi 9000 euro pure in FinMeccanica? Ma forse stiamo prendendo troppo sul serio le parole, perché probabilmente “banca etica” è soltanto uno di quegli ossimori sinistri, cioè contemporaneamente inquietanti e “di sinistra”, proprio come “guerra umanitaria” (un settore in cui, peraltro, BancaEtica potrebbe investire senza battere ciglio, purché i militari aderiscano a delle cooperative sociali).
Viene da pensare che la finanza sia proprio come i Cie: per essere eticamente corretti fino in fondo bisogna innanzitutto starne lontani, per poi combatterli aspramente, senza compromessi. Alla faccia del “dialogo costruttivo” di cui parla BancaEtica, la costruzione di una società migliore passa attraverso la distruzione delle condizioni presenti. Altrimenti, per quanto alti e nobili siano i nostri ideali, o i nostri paroloni, prima o poi finiremmo per scoprire di essere come quelli da cui ci vogliamo distinguere in meglio. Con l’aggravante di mascherare un mostro, con la nostra sbandierata bontà.