Ma cosa succede a Pozzallo?
Pozzallo, 2 settembre
«Quando la libertà degli immigrati minaccia la sicurezza
La convenzione firmata dalla Prefettura e dal comune di Pozzallo pone al centro la questione della sicurezza in un CPA che può al massimo contenere 204 immigrati. Sicurezza non solo per gli stessi clandestini ma soprattutto per le forze dell’ordine e per i volontari della croce rossa e protezione civile. Allo stato attuale il centro di prima accoglienza di pozzallo è sicuro? “Si”, sostiene il Sottosegretario all’Immigrazione al Ministero dell’Interno Sonia Viale che in questi giorni sta visitando i centri di tutta l’isola dove sono ospitati i clandestini. Ovviamente quello di Pozzallo è solo un sito transitorio dove al massimo gli extracomunitari stanno solo 15 giorni in attesa del rimpatrio, se non sussistono le condizioni per beneficiare dell’asilo politico, o di trasferimento verso altri centri di accoglienza. La sicurezza in termini di struttura è garantita ma in termini personali un po’ meno però. I clandestini infatti una volta trasferiti a Pozzallo possono fare uso del telefono cellulare, possono uscire e rientrare al centro entro le ore stabilite, possono insomma avere contatti con la realtà. Motivo per cui quasi 100 di loro sono venuti a conoscenza dell’immediato rimpatrio e si sono organizzati per dare vita a disordini con il ferimento di 5 rappresentati delle forze dell’ordine. Nessuno può togliere la libertà a queste persone con il rischio costante delle rivolte e a spese delle forze dell’ordine. Una preoccupazione che però non sfiora il Sottosegretario Viale. Solo gli accordi con gli accordi con gli Stati –secondo il Ministero dell’Interno- sono fondamentali per fermare il traffico di esseri umani e quello della droga che sono gestiti dalle stesse organizzazioni criminali. Intanto gli sbarchi aumentano in modo esponenziale, i centri sono al collasso e i cittadini, la maggior parte, in apprensione.»
Modica, 24 agosto
«Pozzallo è una pentola a pressione. I diritti non vengono rispettati
«Pozzallo è una pentola a pressione. I diritti non vengono rispettati». Questo è il pensiero del Prof. Fulvio Vassallo Paleologo, docente di Diritto dell’asilo dell’Università di Palermo e membro dall’Asgi, associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione. La rivolta scoppiata nella struttura del porto di Pozzallo tra domenica e lunedì è da inserire in un contesto ben preciso in cui i diritti sono calpestati.
«Il centro di Pozzallo è un Cpsa è i migranti possono starci soltanto pochi giorni, poi devono essere trasferiti. A Pozzallo – continua il professore – c’è una situazione di illegalità: ai migranti non viene data la possibilità di contattare avvocati. Le associazioni convenzionate non hanno accesso e tutto questo sarebbe accettabile se la permanenza fosse di un massimo di 96 ore ma qui ci sono persone che stanno settimane». E secondo le notizie che il professore ha da Pozzallo non arriva nessuna richiesta di asilo.
Per Vassallo Paleologo a Pozzallo, così come negli altri centri sparsi per l’Italia, si va contro i regolamenti comunitari: «Si viola il regolamento di Schengenche prevede una notifica del respingimento e la possibilità dell’interessato di fare ricorso. Tutto questo non avviene. Ed è grave per un paese che si vorrebbe definire democratico. Un altro tipo di respingimento può avvenire direttamente all’aeroporto o alla frontiera rispettando le regole ma non rinchiudendo per settimane persone senza garanzie. Si va contro anche la legge italiana che prevede che una persona può essere trattenuta per 48 ore dopo queste un magistrato deve convalidare entro altrettante 48 ore il fermo».
Le osservazioni del professore delineano la situazione in cui nascono i tentativi di fuga e le rivolte. All’interno dei centri ci sono persone senza garanzie e con la paura di un rimpatrio. Il viaggio infernale, i soldi spesi le speranze potrebbero bruciarsi su un areo direzione Africa. La tensione cresce facilmente
Per il membro dell’Asgi casi come quello di lunedì non sono nuovi: «A Pozzallo sono scoppiate rivolte ieri e stanno scoppiando oggi, così come non si rispettavano i diritti ieri e non lo si fa neanche oggi. Ma questa è una situazione generale in Italia perchè è una tendenza decisa a Roma e non a Ragusa».