Lampedusa in fiamme
Lampedusa, 20 settembre
«Lampedusa, incendio al Centro immigrati
La struttura ospita 1.300 tunisini, alcuni sarebbero riusciti a fuggire
09:57 – Un incendio di vaste proporzioni è scoppiato nel centro d’accoglienza di Contrada Imbriacola a Lampedusa. La struttura ospita circa 1.300 immigrati tunisini. Sul posto sono intervenute tutte le squadre dei vigili del fuoco presenti sull’isola siciliana. Il rogo sarebbe stato appiccato dagli stessi extracomunitari. Evacuato il centro.
Alcuni extracomunitari sarebbero anche riusciti a fuggire. La zona è stata presidiata dalle forze dell’ordine e dai vigili del fuoco, che hanno tentato di circoscrivere le fiamme. L’incendio, appiccato in diversi punti, ha causato una densa nube di fumo nero sospinta dal vento verso il centro abitato.
Secondo il sindaco dell’isola, Bernardino De Rubeis, i danni sarebbe ingenti. Le fiamme, secondo i rilievi dei vigili del fuoco, sarebbero state appiccate in tre palazzine della struttura, andate completamente distrutte. I circa 1200 migranti che erano all’interno del Centro sono stati radunati dalle forze dell’ordine nei pressi dello stadio comunale, a Cala Saline.
Nel centro di prima accoglienza i tunisini nei giorni scorsi avevano protestato a più riprese per chiedere il loro trasferimento sulla terra ferma. Non è la prima volta che il centro di accoglienza viene dato alle fiamme. Un episodio analogo, con danni consistenti alla struttura, si era registrato nel febbraio del 2009.»
Lampedusa, 20 settembre
«A fuoco il centro di accoglienza
In fuga 400 immigrati, è rivolta
A Contrada Imbriacola, dove erano ospitati oltre 1300 migranti tunisini. Incendio quasi spento e diversi intossicati. Chiuso l’aeroporto. Fuga di massa, poi tutti rintracciati e portati nel campo sportivo. Il sindaco: “Il fuoco ha distrutto tutto, il Cie non esiste più. E’ guerra, i cittadini reagiranno. I delinquenti tunisini vanno trasferiti subito, anche con le navi militari”. La procura di Agrigento apre un’inchiesta. Un centinaio di immigrati trasferiti con un volo militare da Lampedusa verso altri centri di accoglienza.
Un incendio di vaste proporzioni è scoppiato nel pomeriggio nel centro d’accoglienza di Contrada Imbriacola a Lampedusa, dove erano ospitati circa 1300 immigrati tunisini. Ed è allarme in tutta l’isola.
Circa 800 gli immigrati erano riusciti a fare perdere le loro tracce ma 400 sono stati rintracciati dai carabinieri vicino al molo Favaloro, gli ltri in vari luoghi dell’isola. La nube di fumo sollevatasi dal rogo ha investito anche il centro abitato, arrivando fin sopra l’aeroporto che è stato momentaneamente chiuso. Ci sono diversi intossicati.
Il rogo è stato appiccato da immigrati che da diverse settimane erano ospiti della struttura. Gli extracomunitari da giorni protestavano per chiedere il trasferimento sulla terra ferma. Non è la prima volta che il centro di accoglienza viene dato alle fiamme. Un episodio analogo, con danni consistenti
alla struttura, si era registrato nel febbraio del 2009.
“Il Cie è interamente devastato, è tutto bruciato, non esiste più e non può più ospitare un solo immigrato” ha dichiarato l’allarmato sindaco di Lampedusa Bernardino de Rubeis. “Ora Lampedusa non ha più un posto. E’ urgente che il governo intervenga dopo tanto immobilismo. Avevamo avvertito tutti su quello che poteva succedere ed è accaduto”. E ancora: ” Questo è uno scenario di guerra. C’è una popolazione che non sopporta più, vuole scendere in piazza con i manganelli e difendersi da sola, perchè chi doveva tutelarla non l’ha fatto”
A fine giornata tutti i tunisini che si trovavano all’interno del Centro sono stati radunati al campo sportivo di Lampedusa, sotto la sorveglianza delle forze dell’ordine. I fuggiaschi sarebbero stati tutti rintracciati.»
Lampedusa, 20 settembre
«Lampedusa in fiamme
Il Cie devastato dalla rivolta. In fuga 800 persone. 300 agenti in assetto antisommossa al campo di calcio
LAMPEDUSA– Mille tunisini in rivolta hanno incendiato i materassi delle camerate distruggendo il centro accoglienza da dove chiedevano di andare via. E la più rovente estate di Lampedusa finisce tra le fiamme, sotto una nube acida che si alza verso il cielo e ricade sul centro abitato, fra gli alberghi, per fortuna con meno di dieci feriti e intossicati. Un incendio per fuggire dall’isola, per dire no ai rimpatri diretti sull’asse Lampedusa-Tunisi. Una rivolta guidata dai più violenti dei 1.200 ospitati nel devastato Cie, mentre dieci minori arrivati venerdì con un barcone annaspano terrorizzati, centinaia di immigrati fuggono da contrada Imbriacola verso le stradine del paese e una teoria di disperati compare fra i pub del corso, invade il molo, il porto, la costa davanti ad alberghi, pensioni e case dei turisti, incrociando i pompieri, scappando alla vista dei cellulari della polizia, dileguandosi in parte fra I sentieri di campagna.
NOTTE AL GELO – Un inferno nell’isola senza pace dove il campo sportivo diventa ancora una volta rifugio notturno, simile ad una prigione, per fortuna sotto un cielo terso, ma spazzato da un vento gelido. Triste replay che porta indietro alle immagini sconvolgenti di febbraio o marzo, alla “collina del disonore”, annullando la mole di promesse frattanto rovesciate qui da tutti i potenti. A cominciare da Silvio Berlusconi, fino alle recentissime rassicuranti visite lampo del sottosegretario all’interno Sonia Viale e del ministro della Difesa Ignazio La Russa. Tanto che il sindaco Dino De Rubeis aveva provato a rasserenare gli animi di commercianti e albergatori, a far calare la tensione dei suoi concittadini riferendo venerdì scorso una telefonata con il ministro Roberto Maroni: «Mi ha garantito che mille tunisini entro un paio di giorni saranno trasferiti tutti in altri centri sparsi sul territorio italiano. Mi ha anche spiegato le difficoltà che ci sono state per i rimpatri dei giorni scorsi. Maroni dovrà a breve tornare in Tunisia, per rimodulare gli accordi ma questa volta, lo farà insieme a Frattini ed interagiranno con i rispettivi ministri di quello Stato…».
«E’ UNA GUERRA» – Ma al quarto giorno da quelle parole, tossendo, coprendosi la bocca per cercare di non respirare fumo, esplode la rabbia di quest’omone che ha sempre teso la mano agli immigranti: “Questa è ormai una guerra e i cittadini di Lampedusa reagiranno. Anche perché non abbiamo di fronte la massa dei profughi sub sahariani, ma centinaia di giovani tunisini che vogliono tutto e subito con arroganza, proprio come delinquenti, pronti a mettere a repentaglio la nostra e la loro vita”.
“CI SCAPPA IL MORTO” – Che la situazione sia incandescente lo conferma il responsabile del poliambulatorio Pietro Bartolo, il medico arruolato da De Rubeis come assessore alla Sanità: “Ho soccorso gli intossicati, compreso un immigrato paraplegico al quale avevo fatto avere una sedia a rotelle sperando che lo portassero in un altro centro italiano. Invece li fanno restare qui anche due mesi e con tutta la buona volontà delle forze di polizia il Centro diventa una bomba ad orologeria, stanchi ed esauriti come sono questi disperati. Che cosa si aspetta? Qui prima o poi ci scappa il morto”.
TUTTO PREVEDIBILE – Che l’incendio del Centro fosse prevedibile lo avevano ribadito con ripetuti allarmi le organizzazioni umanitarie. È il caso di “Save the Children”, adesso preoccupata per le condizioni inaccettabili in cui sono ospitati tanti minori. Ovvero dell’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim) in Italia, come spiega Flavio Di Giacomo, responsabile della comunicazione: «Da giorni all’interno della struttura di accoglienza si era creata un’atmosfera molto tesa a causa dell’alto numero di migranti tunisini, oltre 1.300, e per la seconda volta in due anni e mezzo ci troviamo di fronte a un incendio che mette a rischio l’incolumità di migranti e operatori».
CARCERE A CIELO APERTO – A scrivere «adesso basta» sono Lino Maraventano e Rosangela Mannino, presidente e vicepresidente dell’associazione che riunisce commercio, turismo e servizi: «Non possiamo più sopportare che Lampedusa e Linosa siano utilizzate come un carcere a cielo aperto e si possa consentire l’arrivo sull’isola di migliaia di immigrati al giorno… Lampedusa non é Alcatraz, non è uno specchietto per le allodole, vuole essere liberata da una morsa che la sta letteralmente soffocando». Al di là delle distanze politiche, l’appello al governo per non lasciare l’isola in balia di un’emergenza continua parte anche dal Pd e dalla leader di Legambiente Giusi Nicolini, responsabile della riserva protetta: «Non si può perdere altro tempo per trovare soluzioni concrete rendendo civile la vita di chi sta qui e di chi arriva in cerca di aiuto». Cresce comunque la rabbia mentre un volo speciale ne porta via cento in una notte che non finisce mai. Svegli i vigili del fuoco costretti a controllare i residui focolai di un padiglione ormai da abbattere e svegli i trecento agenti in assetto antisommossa raccolti attorno al campo di calcio, stipato da tunisini decisi a tutto pur di andare via da Lampedusa, ma senza essere rimpatriati.»