Si fa sul serio
Sono le 7 del mattino di martedì 19 giugno quando tre camionette dei Carabinieri, accompagnate da agenti della Digos e del Commissariato di Porta Palazzo, fanno capolino in via Montanaro nel quartiere Barriera di Milano. Sono reduci da due sfratti eseguiti all’alba e senza fatica. Nel primo, in via Pinelli, non hanno incontrato nessuna resistenza. Nel secondo, in corso Vigevano, si sono ritrovati ad assediare un appartamento vuoto giacché gli affittuari, dopo qualche mese di resistenza vittoriosa, hanno trovato casa già da qualche settimana (c’era però un presidio della Lega Nord in solidarietà con i padroni di casa, vale a dire la famiglia di Giorgio Molino, noto anche come “il Ras delle soffitte”).
In via Montanaro, invece, le forze dell’ordine si trovano davanti tutt’altra scena: la famiglia barricata in casa e una cinquantina di solidali in strada davanti al portone, che gridano slogan ed esibiscono cartelli e striscioni. Molti vicini si affacciano alla finestra e osservano la scena. Qualcuno dal picchetto si sposta in corso Giulio Cesare per deviare il traffico davanti alla casa assediata e ostacolare così l’avanzata delle camionette. Nel blocco incappa anche Agostino Ghiglia, noto papavero del Pdl piemontese, che è costretto ad osservare inviperito questi cinquanta “straccioni” che resistono alla polizia. Tutti gli altri passanti invece sono d’accordo con le ragioni della famiglia che resiste allo sfratto e leggono di buon grado i volantini che vengono distribuiti. Dopo un’ora di stallo imbarazzato, mentre giunge la notizia che il picchetto in corso Cosenza è stato caricato dalla celere, i Carabinieri rinunciano all’assedio e l’ufficiale giudiziario comunica alla famiglia un rinvio di ben tre mesi.
Rincuorati dalla vittoria e aumentati di numero, i solidali si muovono in corteo spontaneo lungo corso Giulio Cesare verso via Cuneo: anche lì è atteso un ufficiale giudiziario. I Carabinieri seguono la manifestazione senza intervenire, e dopo aver osservato per un po’ il nuovo picchetto, decidono di andarsene. Arriva l’ufficiale e anche qui concede una proroga. A questo punto i manifestanti si dividono, ci sono altre tre famiglie sotto sfratto che hanno deciso di resistere, e tutte e tre alla fine ottengono una proroga da uno a cinque mesi.
Si sapeva che le istituzioni cittadine avevano preso sul serio il fenomeno della resistenza agli sfratti. Si sapeva che da qualche tempo gli sfratti vengono concentrati in giorni ben precisi, in modo da consentire alle forze di polizia di organizzarsi per fare sul serio. Si sapeva che non sarebbe stato facile. Non sappiamo ovviamente che cosa succederà la prossima volta, quando magari l’attenzione della polizia e dei compagni sarà concentrata in Valsusa. Ma ora sappiamo che organizzarsi insieme per resistere agli sfratti è possibile, davvero.
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