Incidenti di esecuzione / 2
14 marzo. Una cinquantina di persone, sin dalle otto del mattino, blocca con i cassonetti l’incorcio tra via Elvo e via Leinì, proprio nel cuore della Barriera di Milano: un picchetto antisfratto, una scena già vista cento volte in queste strade. Dopo un po’ di attesa, pasticcini dietro le barricate, arriva l’avvocato insieme alla proprietà. Torino è piccola: in vari riconoscono la proprietaria, che di appartamenti ne ha parecchi in giro per la città ed è conosciuta per la disinvoltura con la quale li gestisce – affitti in nero, porte sfondate a chi non paga, e via dicendo. Dell’ufficiale giudiziario, tal Gaetano Managò, neanche l’ombra. La tensione sale intorno alle 10, quando avvocato e proprietaria fanno una telefonata e poi cercano di allontanarsi alla chetichella. La gente del picchetto si muove, le assedia, i toni sono accesi, e alla fine l’avvocatessa spaventata si rifugia in una carrozzeria lì accanto, la proprietaria in un alimentari dietro l’angolo e cominciano a chiamare scagnozzi, tassisti e polizia. Cosa è successo? Che, per la seconda volta in una settimana, l’ufficiale giudiziario – avvisato della presenza del picchetto – ha sollevato un “incidente di esecuzione” rimandando gli atti al giudice e trasformando così una procedura di sfratto in una di sgombero, senza preavviso. La gente del picchetto è imbufalita, il taxi che deve portare in salvo l’avvocatessa rimane impigliato tra la folla e i cassonetti, la proprietaria rimane chiusa nel negozio di alimentari fino all’arrivo di uno dei guardaspalle dei quali si serve quando deve pretendere i soldi dai propri inquilini. Alla fine il picchetto decide di partire in corteo ed abbandona le due alla loro sorte. Al grido, solito, di “Sfratti anticipati, casini assicurati” e “Claudia, Marianna e Simona libere!” si fa un giro fino al mercato di piazza Foroni, poi in corso Palermo e, dopo un breve blocco a singhiozzo di corso Giulio, si ritorna al portone. Ascolta qui la diretta trasmessa da Radio Blackout durante la mattinata.