Chiudere i CIE, col fuoco delle rivolte
Un altro Centro di Identificazione ed Espulsione che chiude. Prima è toccato al Centro di Bologna, svuotato a marzo e chiuso per lavori di ristrutturazione che sarebbero dovuti durare un mese, ma ad oggi ancora non terminati. Qualche mese più tardi stessa sorte è toccata al Centro di Modena, svuotato prima di ferragosto e attualmente in ristrutturazione. Ora è il turno di Crotone, chiuso «temporaneamente, ma a tempo indeterminato», per usare il vocabolario burocratese di cui solo i migliori Prefetti sono capaci. In attesa di notizie di prima mano, riportiamo quanto raccontato da alcune agenzia di stampa e quotidiani online. Nella notte del 10 agosto muore un recluso di 31 anni, per un malore dicono, a diversi giorni di distanza, la polizia e la Misericordia che gestisce la struttura. Una scintilla che fa scoppiare l’incendio: i reclusi del Centro, una cinquantina in tutto, danno vita ad una grande rivolta e in poche ore vengono distrutti i muri e l’impianto di videosorveglianza, poi incendiate le stanze e gli arredi. E così, con una struttura completamente inagibile e ingestibile, la Prefettura decide di chiudere i battenti e trasferire i reclusi in altri Centri.
Nelle prigioni per senza documenti ancora funzionati, il mese di agosto è iniziato in maniera tutt’altro che tranquilla. A Torino i reclusi resistono come possono alle violenze e ai soprusi delle guardie, in particolare dei finanzieri, che mantengono l’ordine a suon di schiaffi e botte. A Gradisca la sera dell’8 agosto i reclusi si rifiutano di entrare nelle camerate e la polizia decide di convincerli con manganelli e lacrimogeni: per non rimanere soffocati i reclusi spaccano alcune barriere di plexiglass che circondano il cortile dell’aria. Tre giorni dopo nuove proteste e nuovi lanci di lacrimogeni: alcuni reclusi salgono sui tetti, tentando forse di scappare, ma due cadono. Uno si ferisce gravemente, tanto che i medici non hanno ancora sciolto la prognosi. Per cercare di riportare la calma il Prefetto è costretto a cedere ad alcune richieste dei reclusi: vengono restituiti i telefoni, che nel Centro di Gradisca erano vietati da mesi, e viene riaperta la sala mensa, chiusa da tempo per evitare pericolosi assembramenti. Sabato 17 agosto mentre fuori dalle mura del Centro si radunano quasi duecento persone per portare solidarietà ai reclusi in lotta, questi distruggono nuovamente alcune barriere di plexiglass e salgono sui tetti, restandoci fino a tarda sera.
Aggiornamento 20 agosto. Nella notte tra lunedì e martedì, nuovo tentativo di evasione dal Centro di Gradisca, questa volta parzialmente riuscito. Secondo quanto riportato da alcuni quotidiani, sembra che i reclusi abbiano aspettato il momento del cambio turno per tentare la fuga. Approfittando del maltempo e della mancata riparazione delle barriere di plexiglass distrutte nei giorni scorsi, in diversi sono riusciti a scavalcare il muro di cinta. I militari di guardia, intervenuti in ritardo, sono riusciti a fermare diversi fuggitivi, ma sembra che almeno in sei ce l’abbiano fatta.
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