Dal femminile delle Vallette
Quella che segue è una lettera di una detenuta rinchiusa nella sezione femminile delle Vallette, ricevuta dalla Cassa Antirepressione delle Alpi Occidentali.
«Tutto è cominciato mercoledì sera 14 agosto h.21:30. Una delle ragazze si è sentita male, le è stato chiesto cosa avesse dalle agenti e le hanno detto che avrebbero chiamato il medico. Alle 22:10 il medico non era ancora arrivato, così visto il pianto della ragazza tutte quante abbiamo cominciato a chiamare le agenti che però rimanevano sedute in rotonda a farsi i loro discorsi “troppo importanti” per recarsi fino alla cella dove questa ragazza si contorceva dal dolore sdraiata a terra, mentre il medico continuava a non farsi vivo!
Così dopo aver chiamato per parecchio e continuando a sentire il pianto della ragazza, abbiamo iniziato una sonora battitura, alla fine il medico è arrivato alle 23:15. “Tempo di morire” a sufficienza!
Ieri la ragazza stava male di nuovo così è stato chiamato il 118, lei è ancora in ospedale.
A noi è toccata la punizione per la battitura.
Così eccoci qua chiuse da ieri pomeriggio e per tutto oggi.
E già, da quando le celle per Legge sono aperte, ad ogni minima trasgressione ci puniscono chiudendoci dentro! La punizione resta comunque valida anche se si chiama aiuto con una battitura necessaria, visto e considerato che la ragazza in questione è ancora in ospedale e ciò conferma la nostra ragione nel preoccuparci per lei. Buon Ferragosto.
Così funzionano le cose al C.C. Lo Russo e Cutugno di Torino.
A noi detenute tutto questo pare assurdo, eppure è la realtà in cui viviamo ogni giorno. La doppia carcerazione che ognuno di noi paga in questo squallido luogo è ingiustificabile, siamo detenute e in più sempre sottoposte a regole che non esistono e punizioni che vengono inventate al momento tanto per il gusto di farci sentire impotenti e punibili per ogni più piccolo gesto anche se questo è giustificato da motivi ben più gravi, uno a caso quello della mala sanità perché qui dentro ci puoi anche morire visti i tempi di soccorso così labili e quasi inesistenti, trattati con sufficienza dalle agenti penitenziarie che a quanto pare pensano che a sentirci male noi detenute ci proviamo gusto o addirittura che lo facciamo per creare disturbo alle loro importanti mansioni
lavorative!
Bene cari amici, questo è quanto.
Un saluto a tutti»