Qualcosa da raccontare
A volte capita che durante i saluti al carcere delle Vallette si riesca a comunicare con i detenuti. Per questo qualche giorno fa un gruppo di solidali è tornato sotto le mura del carcere, per raccontare le storie di lotta dei rinchiusi di Asti e Aosta che, ad agosto e settembre, hanno portato avanti uno sciopero parziale della spesa per protestare contro l’aumento delle bombolette del gas – nei prossimi giorni, appena avremo notizie più precise, vi aggiorneremo su come stanno andando avanti le lotte ad Aosta e Asti -.
Il prezzo del gas a Torino era già aumentato nel mese di maggio, passando da 1 euro a 1 euro e 30 centesimi. Un aumento di molto inferiore rispetto agli 80 centesimi di Asti e all’euro tondo di Aosta e che, forse per questo, non ha innescato brontolii e proteste. Anche da dentro le mura delle Vallette avevano però qualcosa da raccontare; sì è venuti così a conoscenza della vicenda di Manuela e del suo compagno, entrambi detenuti nel carcere torinese. A seguito di un vetro rotto alla donna viene affibbiato l’ appellativo di pericolosa e per questo viene messa in isolamento. Il compagno, saputa la notizia, si organizza con gli amici di sezione e insieme decidono di compilare la domandina per il rifiuto del vitto. Per tre giorni oltre un centinaio dei detenuti del blocco C rifiuta il vitto in solidarietà con Manuela e per la fine dell’isolamento. Il quarto giorno il suo compagno, riconosciuto come uno dei responsabili della protesta, viene convocato dal comandante e con l’inganno ammanettato e trasferito nel carcere di Novara perdendo così la possibilità di vedere Manuela e il loro bambino.
A volte capita che chi rimane abbia voglia di narrare questa piccola esperienza di lotta e che da fuori se ne raccolga la voce. Ci si saluta con la promessa di rivedersi presto, con la consapevolezza che ogni episodio di resistenza in carcere può diventare motivo ed esperienza per nuove lotte.