Asciugamani, pubblicità e scioperi della fame
E proprio mentre i consiglieri di Sel portano un carico di asciugamani dentro al Cie – ma non ci avevano garantito, costoro, che sarebbe bastata qualche mozione in Consiglio e qualche dichiarazione della Giunta comunale per fare sparire il Centro da Torino? – in corso Brunelleschi arrivano segnali di resistenza. Segnali piccoli, rispetto ai picchi di lotta che il Cie ha conosciuto spessissimo in passato, ma che danno una indicazione chiara: anche dopo gli anni della Grande distruzione, ora che lentamente le gabbie vengono riaperte e si riempiono di nuovo di gente, questa gente prigioniera spinge e scalpita nell’unica direzione sensata, quella della libertà. Come facevano i reclusi di un tempo, e come faranno quelli del futuro, perché in posti come i Cie pace non può essercene.
Da una settimana, prosegue lo sciopero della fame di sei reclusi dell’area bianca: ognuno ha la sua storia ma tutti chiedono, semplicemente, di essere liberati. Del resto, quelli che in quell’area mangiano, lamentano il cibo schifoso e i piatti a base di carne di maiale serviti ai musulmani. Un ragazzo pakistano invece, Mamoud, è in sciopero della fame e della sete da nove giorni. Due mesi fa è stato fermato per strada mentre distribuiva volantini pubblicitari, la protezione umanitaria non gliela vogliono dare, e si sta facendo l’estate dentro alle gabbie aspettando il rimpatrio o l’uscita per scadenza termini con un foglio di via in mano: quando si dice la guerra ai proletari. Ovviamente sta male, e ovviamente lo curano poco e male: una storia già sentita, la normalità del Cie.
Ascoltate la sua voce, trasmessa questa mattina sulle onde di Radio Blackout:
[audio:https://macerie.org/wp-content/uploads/2015/07/sciopero-fame-e-sete-luglio_2015.mp3]Aggiornamento 28 luglio. Questa mattina Mamoud è stato visitato da un medico e quindi liberato con in mano il foglio di via dall’Italia. Gli altri ragazzi della sezione sono contenti per lui, e continuano lo sciopero della fame.