Un pezzo dopo l’altro
Il Cie di Torino torna a bruciare, anche se a essere interessata dall’incendio è solamente l’area bianca. Domenica notte infatti i reclusi lì rinchiusi hanno dato fuoco a tre delle cinque stanze che compongono l’area, lasciandola mezza bruciacchiata. I motivi della protesta sono da ricercare ancora una volta nell’insofferenza alla reclusione e nelle condizioni di vita nel Centro misere e degradanti.
Subito sono stati allertati i pompieri che hanno spento i focolai mentre dodici persone che stavano nelle stanze interessate dall’incendio sono state spostate all’ospedaletto in attesa di rendere di nuovo agibile l’area. Fuori dalle mura qualche solidale ha improvvisato un veloce saluto per dare forza ai ragazzi. Da quello che ci raccontano dentro, sembra che due persone siano state arrestate e si trovino forse alle Vallette, ma ancora non abbiamo notizie certe al riguardo. Quello che invece si sa con certezza è che qualche giorno fa un ragazzo marocchino per evitare l’espulsione si è pesantemente tagliato; per qualche ora gli operatori hanno cercato di ignorarlo rinchiudendolo in isolamento ma poi visto la gravità delle ferite non hanno potuto far altro che portarlo all’ospedale Martini dove è stato operato. Il ragazzo è stato poi riportato al Cie ed è ora rinchiuso in isolamento. Di storie di resistenza all’espulsione in questi anni ne abbiamo sentite tante e spesso sono storie di autolesionismo, di tagli nel Centro e di testate sull’aereo per cercare di ritardare il rimpatrio e riuscire a raggiungere quei tre mesi di detenzione oltre i quali, secondo la legge modificata nel novembre 2014, non si può più essere trattenuti e le porte del Cie devono essere aperte. Sono storie di ordinaria violenza che ogni tanto saltano agli onori della cronaca: come la storia di Jose, ragazzo ecuadoregno che la settimana scorsa è stato legato e caricato sull’aereo per essere rimpatriato… in Africa. Questa volta qualcuno si è accorto dell’errore in tempo, ma non tutti sono così fortunati; nella foga di rispettare gli accordi europei, nel tentativo di oliare al meglio la macchina delle espulsioni, velocizzando procedure di identificazione ed espulsione non ci si preoccupa troppo di assicurarsi che il paese in cui si cerca di rimandare indietro chi non ha i documenti per poter restare in Italia regolarmente sia realmente il paese di provenienza. E Jose, dopo il rischio di essere rispedito in un paese che non era il suo, ha opposto resistenza ancora una volta quando, caricato su un aereo a Malpensa, stava per essere espulso questa volta in Ecuador. Con urla e testate contro il finestrino il ragazzo è riuscito a farsi portar giù dall’aereo e a rinviare ancora il suo rimpatrio.
Questo è a grandi linee il racconto di ciò che è successo nel Cie sabaudo negli ultimi tempi. Rispetto ai danni provocati dall’incendio di domenica e rispetto ai tempi per ristrutturare le parti danneggiate ancora non abbiamo informazioni precise; dal canto nostro non possiamo che rallegrarci quando, anche piano piano e un pezzo alla volta, i reclusi insieme prendono il coraggio di bruciare le strutture che li rinchiudono.