Aurora quartiere smart vol.2 – un’incursione
Due settimane fa alla riunione del consiglio della Circoscrizione 7 (Aurora, Vanchiglia, Sassi, Madonna del Pilone) è stata approvata una notevole delibera dall’altrettanto notevole nome: Aurora quartiere smart.
Una nomenclatura niente male quella di smart, si potrebbe rubare la definizione al gergo giovane, dire che è un “topic” di questi anni e che può – ahinoi – fare affindamento su un immaginario ormai solido e nauseabondo, seppur non ben definito e fumoso: si va dalle tecnologie della videosorveglianza urbana alla razionalizzazione della velocità dei flussi di merci e individui, dall’applicazione di un “servizio alla persona” sul telefono alla sharing economy delle piattaforme in mano alle grandi corporazioni, e similia. Porcherie di questo mondo insomma, parole che ammorbano quotidianamente la vista in cartelli pubblicitari, l’orecchio in slogan ripetuti all’infinito dentro le università e nei luoghi di lavoro, nei discorsi accorati di chi oggi si occupa di governance a più livelli, ovvero del regolamentare le vite in ogni loro più minuzioso aspetto.
Ed è solo un pezzo di questa retorica, che si ricollega a un grande oggetto di reinvestimento generale: la città. Lo sguardo rinnovato verso palazzi e interi quartieri ha impostato uno spazio per la competizione sociale come condotta di vita, per una nuova gerarchizzazione in cui il consumo unito alla cultura – anche dal basso, soprattutto se alternativa ed eterogenea – siano in grado di rifocillare la fantasmagoria urbana, ridistribuire ricchezze acuendo le povertà.
Il quartiere di Aurora, una lingua di cemento e acqua fluviale che a nord costeggia il centro città e lo divide da Barriera di Milano, non è certo fuori da tutto ciò, tutt’altro. Sperando di non sbagliare nel darlo per risaputo, non staremo qui a ripetere per l’ennesima volta cosa sta accadendo in questo pezzo di città e del suo essere d’interesse nei nuovi investimenti produttivi e infrastrutturali sabaudi. Ci piacerebbe piuttosto centrare l’attenzione su questa delibera della Circoscrizione e mostrare l’altro lato della cartolina della smart-city e della riqualificazione, quella discussa proprio dai politicanti di zona nella loro riunione di consiglio.
I signori e le signore dalla poltrona piccola, infatti, evidenziano come un quartiere in trasformazione presenti ancora delle caratteristiche inaccettabili come la fatiscenza degli edifici o l’impoverimento progressivo e ratificano la loro soluzione: lo sgombero delle case occupate, passaggio imprescindibile nella pacificazione di un “contesto urbano deteriorato” e nel suo rilancio economico.
Sarebbe interessante che fossero costretti a dirla tutta in faccia ai diretti interessati, che lo dicessero di persona che le loro piccole decisioni sono l’inizio della difesa degli investitori e corrispondono alla cacciata da questo quartiere di chi non ha una casa e si è organizzato per prendersene una vuota.
Ecco perché ieri intorno alle 20:30, all’ennesimo consiglio, peraltro aperto e improntato sulla questione scomoda del mercato del Suq, un folto gruppo di persone ha fatto incursione in corso Vercelli 15. Occupanti di corso Giulio 45 e di via Borgo Dora 39, complici e solidali, chi col passeggino, chi con una pentola per far rumore, chi solo con la sua rabbia per i recenti arresti e un divieto di dimora in tasca, hanno voluto organizzarsi per andare a dire la loro. Urla, cori contro sfratti e sgomberi, padelle e mestoli rumoreggianti, ma niente, com’era immaginabile i politicanti sono rimasti dentro la sala dietro a qualche poliziotto in borghese e non hanno avuto il coraggio di dire vis-à-vis ai diretti interessati delle loro idee di sgombero. Dentro la sala, ben al riparo, anche l’immancabile Maurizio Marrone, bersaglio di insulti in rima. Dopo qualche minuto di disturbo a dir poco rumoroso, all’arrivo dei reparti di celere, il gruppo si è allontanato intonando alcuni cori in solidarietà a Silvia, Daniele, Stefano e Antonio, arrestati tre giorni fa per aver picchettato contro uno sfratto proprio là vicino, e urlando la promessa di non farsi cacciare neppure con una misura di divieto di dimora nel comune di Torino.
Del resto la percezione pressante degli ultimi tempi non può sbagliare: arresti, sgomberi, allontanamenti coatti, retate, situazioni d’indigenza pesanti, sono elementi per queste strade strutturalmente legati al fatto che esistano rapporti di sfruttamento ben precisi, che, senza allontanarsi troppo, vanno dal grande proprietario di case che ti manda lo sfratto, passano per la Sala Rossa e si ricollegano alle scrivanie delle forze dell’ordine, della Lavazza, della San Paolo per poi uscire dal buco della penna di Alessandro Baricco.