In un posto da distruggere
Deportazioni e rimpatri
Le deportazioni continuano, più veloci che mai. Le celle del Cie torinese, nuovo Cpr, sono sempre piene. Quasi ogni giorno sbirri in borghese, militari o guardie di finanza si presentano nelle stanze e prelevano qualcuno per metterlo su un aereo o su una nave e deportarlo. Poche ore dopo o nei giorni seguenti i letti liberi vengono riempiti da nuove persone catturate per strada o mentre stavano cercando di rinnovare i documenti recandosi a ingannevoli appuntamenti in questura.
Un giorno come tanti
Ieri per esempio. Dall’area blu pare che siano stati portati via per il rimpatrio tre marocchini e quattro pakistani. Dall’area verde un altro ragazzo marocchino è stato prelevato, nonostante vivesse in Italia da vent’anni, con tutta la sua famiglia.
Negli ultimi giorni – dalle informazioni che abbiamo, quindi parziali – almeno cinque egiziani, sei o sette persone provenienti dalla Tunisia e dal Marocco sono state deportate. Alcuni si ribellano e vengono picchiati. Altri sono rassegnati e stanchi di questa prigione e dei farmaci che danno per tranquillizzare e si fanno portare via senza opporsi. Anche perché resistere significa prendersi un sacco di botte: gli sbirri si presentano in sei o sette per prelevare una persona.
Le informazioni che abbiamo provengono solo da alcune aree, due in particolare, del resto del Cie si sa molto poco e quindi c’è da immaginarsi che il numero di deportazioni sia ben più alto.
Mercoledì sono arrivati undici nigeriani nell’area blu, mentre martedì sono arrivati un filippino e un sudamericano, forse dall’Honduras. Arrivano da tutta Italia: Treviso, Udine, Milano, Genova. Uno addirittura da Reggio Calabria.
Possibile deportazione di massa a breve
Sono circa una cinquantina le persone di origine nigeriana rinchiuse nel Cpr di corso Brunelleschi. Molte di loro sono in procinto di richiedere l’asilo politico, aspettando quindi l’arrivo del diplomatico di turno per l’identificazione e il conseguente avvio dell’iter burocratico. Per facilitare questo processo pare che all’interno delle mura lavori anche una mediatrice culturale nigeriana, sul cui ruolo i reclusi non si fanno troppe illusioni: “noi lo sappiamo che lei non sta con noi. Lei sta con loro” – ribadisce un ragazzo da dentro. Secondo un filo logico non troppo chiaro, le deportazioni passate verso la Nigeria sono avvenute intorno al terzo mercoledì del mese, ma qualcuno dentro ipotizza che questa volta possa anche arrivare prima, visto l’affollamento attuale. Questi voli programmati con anticipo e cadenza costante spesso necessitano di retate selettive in giro per la città. Molte volte le macchine della polizia circondano piazze e giardinetti e portano via solo uomini e donne di una determinata nazionalità, finora per lo più nigeriani, come vogliono una serie di accordi tra Stati per il rimpatrio coatto.
Cibo da schifo, l’area blu rifiuta di mangiare
“Il cibo fa schifo, è tutto scaduto, non si può mangiare” dicono da dentro. E quasi tutta l’area blu, a parte i ragazzi appena arrivati, stanno rifiutando il cibo che gli danno da due giorni. Si arrangiano come possono, si fanno passare qualcosa dalle altre aree dove a qualcuno arrivano un po’ di provviste dall’esterno. Qualche solidale alcuni giorni fa ha portato dentro del couscous e della frutta secca ma non appena il gesto è stato ripetuto una seconda volta sono cominciati i problemi; oggi i poliziotti all’ingresso in accordo con gli operatori di Gepsa non hanno fatto passare quasi nulla del cibo che era stato portato
“Molto spesso il cibo è scaduto, c’è la data di scadenza del giorno prima. Siamo anche in Ramadan. Ci trattano peggio che degli animali.” protestano i ragazzi dentro. “Ora noi chiudiamo il cancello. E diciamo: no grazie non lo vogliamo”.